Sentenza senza ritorno quella che ieri è uscita dalla Corte di Cassazione sull’omicidio Di Gianni: i cugini Ferdinando Catarisano e Ivan Commisso sono i responsabili della morte del titolare del night freddato nel cortile di casa sua nel gennaio del 2013 a colpi di fucile.
Un’indagine lunga e complessa che aveva portato a restringere la rosa dei nomi intorno ai due (uno residente a Costigliole d’Asti e l’altro residente in Svizzera ma nei giorni dell’omicidio in visita al cugino) ma il cui arresto avvenne solo dopo una lunga battaglia giudiziaria.
Arrestati, poi scarcerati, Catarisano tornò sotto custodia per l’Operazione Barbarossa sulle infiltrazioni ‘ndranghetiste e da allora non ha più lasciato il carcere. In libertà invece il cugino Commisso fino ad ottobre dello scorso anno quando è arrivata la sentenza di Appello della Corte di Torino: rispetto alla prima condanna inflitta dal tribunale di Asti a 19 anni, aveva concesso uno “sconto” di appena un anno, portando a 18 la pena finale. E 18 sono rimasti anche dopo il ricorso in Cassazione dei due, visto che è stato respinto con decisione datata 14 settembre.
La notizia, riferita dai loro avvocati difensori Antonio Russo e Francesco Lojacono li ha dunque raggiunti entrambi in carcere. Commisso era stato arrestato l’anno scorso a Borgia, un centro a pochi chilometri da Catanzaro.
L’ultimo atto della tragica morte di Di Gianni arriva dunque a pochi mesi dal decimo anniversario dell’omicidio. Giustizia era sempre stata chiesta dalla compagna e dalla figlia che si sono costituite parte civile assistite dall’avvocato Rattazzi: fin dalla prima sentenza erano stati disposti risarcimenti di 150 mila euro alla convivente, 50 mila alla figlia oltre a 20 mila ad ognuno dei fratelli della vittima.
Dunque corretti i processi di primo e secondo grado in tutti i loro passaggi e nelle loro motivazioni. E nell’individuazione del movente: Di Gianni, conosciuto come “Gino di Foggia”, ha pagato lo “sgarbo” nei confronti di Catarisano che, insieme alla compagna, era destinatario dell’assegno di gestione di un night di Strevi ereditato dalla ragazza dal padre defunto. I due giovani avevano chiesto un compenso che Di Gianni non voleva corrispondere per via di pregressi crediti nei confronti del proprietario deceduto e si era imposto anche piuttosto vivacemente in un incontro chiarificatore avvenuto in un bar di Asti. Un comportamento che, oltre a ledere il bilancio famigliare di Catarisano e della sua compagna, ne aveva screditato l’autorevolezza e un gesto del genere, in un ambiente che poi si sarebbe rivelato a forte stampo ‘ndranghetista, non poteva passare sotto silenzio. Di qui la decisione di dare una lezione a Di Gianni e per riaffermare il proprio potere sul territorio.