Era conosciuta anche nell’Astigiano la coppia coinvolta nell’omicidio di Patrizio Piatti, orafo freddato con un colpo di pistola lo scorso giugno
Era conosciuta anche nell’Astigiano la coppia di commercianti in preziosi e orologi coinvolta nell’omicidio di Patrizio Piatti, l’orafo di Monteu Roero freddato con un colpo di pistola in testa il 9 giugno 2015.
Giancarlo Erbino e la moglie Anna Testa, infatti, svolgevano la loro attività fra Torinese, Astigiano ed Alessandrino e, secondo quanto riferito dagli inquirenti, avevano anche un giro di “mercatini” dell’antiquariato che comprendeva la nostra zona. L’uomo, Erbino, è finito in manette mentre la moglie è indagata a piede libero. Insieme a loro sono finiti nella rete dei carabinieri di Cuneo e Bra, coordinati dal pm Dentis della Procura della Repubblica di Asti, due pregiudicati torinesi e altri due di origine catanese.
La rapina finita nel sangue, si era rivelata un caso ben più complesso fin dalle prime battute delle indagini. A svelare un movente diverso dalla brutalità di malviventi contro un uomo indifeso, è stato scoprire, pochi giorni dopo il delitto, che la vittima, Patrizio Piatti, era inserito ad alto livello in un’organizzazione regionale di ricettazione di oro, preziosi e orologi di valore rubati. Grazie alla sua esperienza di orafo e al suo laboratorio torinese (considerata una copertura), movimentava invece ingenti quantità di oro e argento che, talvolta, faceva fondere in lingotti.
Una persona “socialmente pericolosa” che aveva consentito agli inquirenti di fare svariate perquisizioni nella sua villetta di Monteu e di confiscare il tesoro che vi avevano scoperto. Si parla di 300 mila euro in contanti, divisi in fascette nascoste nell’intercapedine di un muro e di svariati chili di oro e numerosi Rolex di valore stipati in un sottotetto. Per un valore di oltre 1 milione e mezzo di euro. Per la maggior parte proventi di furto, a giudicare dal fatto che molti sono stati riconosciuti e restituiti ai proprietari che ne avevano denunciato il furto.
Erbino e la moglie sapevano del suo tesoro nascosto in casa, perchè erano suoi “fornitori” e consulenti ma, al tempo stesso, erano fortemente indebitati con svariate persone. E hanno pensato di risolvere i sospesi organizzando una rapina a suo carico. Si sono rivolti a due torinesi, Giuseppe Nerbo junior ed Emanuele Sfrecole (ai quali dovevano dei soldi, così come erano debitori nei confronti dello stesso Piatti) parlando del piano in mente.
I due, a loro volta, hanno contattato due loro amici catanesi, Salvatore Messina e Francesco Desi i quali hanno raggiunto il Piemonte a bordo di un’auto noleggiata e hanno portato a segno il colpo la mattina del 9 giugno approfittando dell’abitudinarietà di Piatti. Lo hanno sorpreso alle 7 mentre usciva di casa e hanno provato a bloccarlo per poi mettersi a cercare il suo tesoro. Ma l’uomo ha opposto una forte resistenza e i due, spaventati, gli hanno sparato. Poi si sono dati alla fuga e hanno anche avuto un incidente con testimoni.
Come hanno avuto modo di sottolineare sia il Procuratore di Asti Alberto Perduca che i comandanti delle Compagnie di Cuneo (tenente colonnello Rocco Italiano), di Bra (capitano Roberto Di Nunzio) e del Reparto Anticrimine di Torino (tenente colonnello Michele Lo Russo) i tre esecutori materiali hanno lasciato dietro molte tracce, forti del fatto che pensavano solo di portare a segno una rapina che non sarebbe mai stata denunciata, visto che il bottino consisteva in merce ricettata. Dei cinque arrestati, solo Nerbo è sfuggito alla cattura.
Daniela Peira