Agostino Clemente vide il posto assegnato ad un collega, oggi chiede spiegazioni convincenti per capire fino in fondo le ragioni del suo accantonamento. La vicenda è attualmente al vaglio della Corte di Cassazione, dopo un primo processo davanti al giudice del lavoro: questo in primo grado aveva dato ragione allAsl, mentre in appello erano state riconosciute le motivazioni di Clemente. E spunta l'ipotesi di mobbing…
Un primario che non ci sta ad essere stato tagliato fuori dalla riorganizzazione ospedaliera effettuata sei anni fa e ricorre al giudice per capire fino in fondo le ragioni del suo accantonamento. Protagonista della vicenda che è approdata mercoledì in tribunale, è Agostino Clemente, 60 anni, in servizio dal 1979 allOspedale di Asti e con una lunga esperienza di primario di Chirurgia a Nizza oltre che responsabile dello screening di senologia.
Tutto è nato dalla ristrutturazione dellAsl portata avanti dal direttore generale architetto Luigi Robino, che si era insediato allinizio del 2006 e, in virtù di esigenze di riduzione di costi e di restrizione di sovrastrutture, era partito un lavoro di accorpamento dei reparti. Per quanto riguardava la chirurgia, al suo arrivo esistevano Chirurgia 1 e 2 allospedale di Asti e la Chirurgia di Nizza retta, appunto, dal dottor Clemente.
«Dopo alterne fusioni si arrivò ad un unico reparto di Chirurgia fra lospedale di Asti e quello di Nizza ha spiegato in aula Clemente, parte civile nel processo ed assistito dallavvocato La Matina – A quel punto cerano due primari con un solo reparto, cosa che capitò anche ad altre specialità. Ma mentre quasi tutti gli altri primari vennero ricollocati, io non seguii la stessa sorte. Parlai con Robino che apprezzò la mia lunga esperienza e la mia ampia casistica lasciandomi credere che avrei ottenuto il posto di primario di Chirurgia, ma un mese e mezzo dopo mi comunicò che il posto era stato assegnato ad un collega, il dottor Marino». Il dottor Clemente ha ancora raccontato che gli venne prima proposto il posto da primario allospedale di Casale e poi quello di responsabile di una struttura subalterna sempre in seno alla Chirurgia. «Io rifiutai entrambe le offerte e cominciai a chiedere spiegazioni su quel trattamento che mi era stato riservato ha raccontato Clemente- Mi venne risposto che queste erano le disposizioni regionali, ma nonostante richieste e solleciti da parte di legali, non mi venne mai presentata la documentazione che attestasse tale dichiarazione».
Ne è nato un primo processo davanti al giudice del lavoro che, in primo grado ha dato ragione allAsl per la scelta effettuata e in appello ha invece riconosciuto le motivazioni del dottor Clemente; attualmente la vicenda è al cospetto della Corte di Cassazione. Sempre da questa vicenda è germogliato anche un procedimento innanzi alla medicina del lavoro con lipotesi di mobbing nei confronti dellex primario di Nizza.
«Sono arrivato fin qui per capire le ragioni per le quali, non solo non sono stato nominato primario di Chirurgia pur avendone diritto, ma anche perché non mi sia stato proposto di assumere quellincarico in altre specialità come il 118 o il Pronto Soccorso per il quale ero titolato e che erano scoperti al momento della ristrutturazione.
Ora sono come un paria fra i colleghi astigiani ha finito di raccontare Clemente donando al tribunale anche connotazioni molto personali del suo attuale stato – sono passato da essere un punto di riferimento, soprattutto nel settore oncologico, ad avere le stesse funzioni di quando sono entrato in ospedale oltre trentanni fa».
A difendere limputato Luigi Robino è lavvocato Mirate che mercoledì ha prodotto un voluminoso faldone contenente documenti e comunicazioni che «dimostreranno la corretta condotta del mio assistito nelle scelte e nelle nomine». Il processo, che vede il pm Tarditi nelle vesti di pubblica accusa, riprenderà il 17 aprile con la deposizione di quattro testi chiamati dalla difesa Mirate.
Daniela Peira