Non è solo una sentenza civile che riconosce, a sette anni di distanza, la responsabilità di una casa di riposo nei danni riportati da un’anziana caduta dal letto con sponde abbassate. E’ una sentenza che, in un suo passaggio, ricorda le cautele suggerite dalle linee guida per una corretta assistenza di persone non autosufficienti. E in un momento di crisi di organico di molte strutture, diventano un forte argomento di riflessione complessiva.
La vicenda è quella che ha avuto come involontaria protagonista Natalina Bigi, un’anziana di Chivasso, 88enne all’epoca della caduta, ricoverata alla casa di riposo di Tonengo.
Nel luglio del 2018, mentre una Oss la stava mettendo a letto, è avvenuto l’incidente. L’operatrice stessa ha raccontato come sono andate le cose ammettendo la sua responsabilità: aveva trasferito la donna dalla sedia a rotelle al letto con l’aiuto del sollevatore poi si era girata per prendere sul comodino le manopole e la brocca dell’acqua per lavarla. Non aveva ancora tirato su la sponda del letto e l’anziana era finita a terra, riportando fratture al viso e ad un ginocchio oltre ad ematomi diffusi.
Venne portata in Pronto Soccorso solo diverse ore dopo, a seguito dei suoi lamenti per il dolore.
Il figlio della donna, Giulio Mencarelli, aveva sporto denuncia ai carabinieri di Cocconato e in un primo tempo era stata indagata la Oss che si stava occupando dell’anziana quando è caduta.
Ma venne assolta per una questione puramente formale in quanto la querela presentata da Mencarelli non venne ritenuta valida perchè al momento della denuncia, non era ancora stato nominato legale rappresentante della madre ormai evidentemente non più in grado di provvedere ai propri interessi per il grave stato di infermità mentale da cui era affetta.
Assistito dall’avvocato Carlo Tabbia, il figlio ha allora tentato la “via civile” chiamando in causa la società Kos Care in quanto gestore della residenza Anni Azzurri di Tonengo all’epoca dei fatti.
Il giudice Carena ha ritenuto che la Kos Care sia civilmente responsabile di quella caduta perchè, si legge nella motivazione “Considerate le particolari condizioni di Natalina Bigi che presentava uno specifico rischio di caduta dal letto, la struttura sanitaria avrebbe dovuto prevedere la presenza di due operatori durante la fase di messa a letto e di pratica dell’igiene o, quantomeno, la sorveglianza continua della paziente con sollevamento della sponda del letto in tutti i momenti in cui tale sorveglianza non fosse garantita. E la presenza di un ulteriore operatore avrebbe consentito di esercitare una sorveglianza continua sulla paziente». Sottolineando anche che, pur con una sola operatrice Oss, come nel caso in specie, era dovere alzare la sponda anche solo per un breve attimo in cui la sorveglianza non fosse garantita.
Indagini in corso
- Redazione