È un bilancio fatto di luci e ombre quello della 37esima edizione di AstiTeatro, terminata martedì scorso e che questanno ha visto la direzione artistica di Pippo Delbono. «Nel cartellone
È un bilancio fatto di luci e ombre quello della 37esima edizione di AstiTeatro, terminata martedì scorso e che questanno ha visto la direzione artistica di Pippo Delbono. «Nel cartellone dichiara lAssessore alla Cultura Massimo Cotto ci sono state cose sublimi e altre molto discutibili. Sicuramente va detto che la malattia di Delbono ci ha penalizzati nel senso che ha tenuto ferma per mesi lorganizzazione del Festival e di conseguenza ci siamo trovati a fare i conti con un po di confusione, con tempi stretti. Basti pensare al fatto che la presentazione della rassegna è stata fatta praticamente alla vigilia del primo spettacolo».
LAssessore Cotto, pur esprimendo perplessità su alcune scelte del cartellone, riconferma la fiducia a Delbono che dunque dirigerà pure ledizione 2016, avendo sottoscritto con il Comune un contratto biennale: «Sinceramente da uno come lui mi sarei aspettato qualcosaltro e qualcosa di più. Gli spettatori non sono stati molti e non sono neppure stati tutti soddisfatti. Tuttavia non interromperemo la collaborazione con Delbono, anche se penso a qualcosa di diverso per i prossimi anni. Vorrei che AstiTeatro diventasse una sorta di laboratorio con una sua identità ben precisa che nel tempo si è un po persa, indipendentemente dal direttore artistico. E poi sarebbe bello puntare su proposte giovani, di ragazzi under 30. Bisognerà lavorare in questa direzione».
Una delle proposte di AstiTeatro 37 più apprezzate dal pubblico astigiano è stata lesibizione dei dervisci rotanti Galata Mevlevi Ensemble, che ha gremito il cortile del Michelerio trascinando gli spettatori in un coinvolgente vortice di emozioni. Più che uno show un vero e proprio rituale mistico di collegamento tra il cielo e la terra. Suggestivo anche il concerto delle Voci Nomadi, gruppo che ha proposto brani frutto dellincontro tra il canto a tenore sardo e il canto difonico della Mongolia.
Bartolo Gabbio