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«Ecco come creo i cerchi nel grano»Parla l'autore del crop circle di Robella
Cultura e Spettacoli

«Ecco come creo i cerchi nel grano»
Parla l'autore del crop circle di Robella

Cerchi nel grano: un fenomeno che, non ultimo a Robella quest’estate, ha attirato migliaia di persone, innescando un meccanismo di domande, attrazione verso l’ignoto e al tempo stesso ammirazione per forme ampie e bellezza non consueta.
Abbiamo incontrato chi le ha ideate e realizzate sul grano: Francesco Grassi …

Cerchi nel grano: un fenomeno che, non ultimo a Robella quest’estate, ha attirato migliaia di persone, innescando un meccanismo di domande, attrazione verso l’ignoto e al tempo stesso ammirazione per forme ampie e bellezza non consueta.
Abbiamo incontrato chi le ha ideate e realizzate sul grano: Francesco Grassi, nato a Lama (Taranto) nel 1966, è Ingegnere Elettronico e Direttore Tecnico di un’azienda informatica. Socio effettivo del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze), Grassi dalla fine degli anni ‘90 ha cominciato a indagare il fenomeno dei cerchi nel grano in maniera scientifica.
E’ tutto nel suo libro “Cerchi nel grano- Tracce d’intelligenza” che sarà presentato domani pomeriggio, sabato, alle 17, al MAC di Cerreto. Un evento che ha come protagonista la Land Art (arte della terra), un fenomeno artistico che ha attecchito dal 1967-68 negli Stati Uniti d’America, creato da un gruppo di artisti desiderosi di valutare il potere dell’arte fuori dagli spazi urbani, usando come tele i territori naturali. Accanto alle opere di Elena de Bono e i dipinti dell’astigiano Massimo Rizzieri Paganini, Grassi illustrerà le sue ricerche rispondendo alle domande del pubblico.

Che studi ha fatto e perché s’interessa dei cerchi nel grano?
Ho alle spalle una maturità classica, una laurea in ingegneria elettronica e sono anche artista e chitarrista. Fin da ragazzino mi hanno affascinato i misteri in generale, compreso il fenomeno UFO. È da più di 12 anni che studio i cerchi.
Perché lo fa?
Per arte, in parte e anche per proseguire un esperimento sociale che possa verificare in maniera oggettiva come risponde la comunità ai cerchi nel grano di sicura paternità umana. L’esito riscontrato è che la gente ha risposto esattamente come fin dai primi anni ‘80 ai semplici cerchi con diametri inferiori ai 10 metri. Sono state trovate analogie forzate, segni divini o alieni; alcuni visitatori hanno manifestato alterazioni del proprio stato d’animo: i miei “esperimenti” convergono verso la tesi che siano forme create dall’uomo.

Land Art o altro?
Il fenomeno dei cerchi è nato intorno al 1980 come una “burla” architettata dai due artisti e pittori inglesi (Doug Bower e Dave Chorley). Le “tracce d’intelligenza” consentono all’autore, rimanendo nell’anonimato, di lasciare un segno indelebile della propria arte.
In quanti lavorate a un cerchio nel grano?
Si può realizzare una formazione anche da soli, ma è meglio in due. Per opere come Poirino 2011 o Robella 2013, grandi come due campi da calcio affiancati, la performance è stata eseguita da me insieme con altri sei circlemaker. È un’esperienza fantastica, c’è affiatamento.
Lei ha solo progettato l’idea o fa anche i cerchi, fisicamente?
Sia per Poirino 2011 che per Robella 2013 io ho creato l’idea grafica, realizzato i disegni a tavolino e pianificato le fasi di realizzazione. Ho poi personalmente guidato e partecipato fisicamente alle attività notturne della performance.

Come scegliete i luoghi?
In base alle dimensioni dell’opera disegnata su carta. Il campo dev’essere più grande del progetto in modo da consentire un certo margine di libertà nel posizionare il centro. Si cerca poi di trovare una bella cornice naturale che consenta, ad esempio, di parcheggiare le auto senza dare troppo nell’occhio. Per Robella 2013 la cosa che ci ha intrigato in particolare è stata la pendenza che permette di apprezzare l’opera anche dal basso.
Come fate tecnicamente a realizzarli?
Servono i piedi per tracciare le linee, rotelle metriche per tenere le distanze, piccoli paletti con bandierina per marcare punti chiave del terreno e, infine, delle tavole di legno per procedere nell’appiattimento. Questi sono gli strumenti di base, ma quello che è necessario in realtà è un buon progettista.
E, soprattutto, come mai nessuno vi vede farli anche quando siete vicini a case?
Sì, questo è un mito che può essere sfatato solo se certe cose si fanno in prima persona. Si fa tutto con la luce naturale in qualsiasi condizione di luna. Al massimo usiamo piccole luci che accendiamo per qualche secondo, sotto il livello delle spighe. È praticamente impossibile vederle.

Non pensate al danno economico del raccolto?
Come per altre forme d’arte analoghe anche per i cerchi c’è una componente di illegalità (insita nell’introdursi in una proprietà privata e appiattire la coltivazione altrui). A questo si può aggiungere che il danno causato al proprietario ha normalmente un’entità relativa. Se dopo la realizzazione non entrasse più nessuno si riuscirebbe a raccogliere una buona parte della coltivazione appiattita. Per questo motivo i proprietari inglesi (e ora anche gli italiani) mettono sul campo le cosiddette “honesty box” (cassette per le offerte).
Ci anticipa qualcosa del suo libro che presenterà a Cerreto questo sabato?
Il libro contiene le mie ricerche sul fenomeno e articoli che hanno richiesto anni per essere scritti e pubblicati. L’opera è costituita da 530 pagine con più di 170 fotografie, immagini e disegni e dieci interviste. Il libro è acquistabile online, è su facebook. Sul mio sito c’è il booktrailer.

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