E stato accolto da lunghi applausi lallestimento di La coscienza di Zeno visto sabato al Teatro Alfieri, un testo che Tullio Kezich nel 1964 ha tratto dal celebre romanzo scritto nel 1923
E stato accolto da lunghi applausi lallestimento di La coscienza di Zeno visto sabato al Teatro Alfieri, un testo che Tullio Kezich nel 1964 ha tratto dal celebre romanzo scritto nel 1923 da Italo Svevo. Rispetto ad altre edizioni del passato, questa diretta dal regista Maurizio Scaparro e che vede Giuseppe Pambieri nel ruolo del protagonista, è risultata più asciutta, più stringata, ma la figura di Zeno, il protagonista del romanzo, è emersa con chiarezza in tutta la sua ambigua e complessa personalità.
Svevo fa di Zeno un personaggio debole, inetto, ma nello stesso tempo sempre pronto a mascherare a se stesso e agli altri la sua inconsistenza dietro allo schermo di una malattia cosmica. Luomo di Svevo collocandosi sullo stesso piano dei personaggi di altri grandi scrittori europei suoi contemporanei, da Musil a Joyce è convinto che la sua inettitudine (questo è il termine usato da Svevo) debba attribuirsi ad un malessere che colpisce tutta la società del suo tempo, in unEuropa che si sta avviando alla grande guerra; un malessere, dice Zeno nelle ultime righe del libro, che soltanto una colossale esplosione che riduca la terra ad una nebulosa potrebbe cancellare, avviando il nostro pianeta ad una nuova sanità.
Kezich ed il regista Scaparro evidenziano dal testo dello scrittore triestino alcuni momenti particolarmente significativi: la triplice dichiarazione di matrimonio, il vizio del fumo, la morte del padre, lavventuretta amorosa, il suicidio dellapparentemente brillante cognato Guido.
Pambieri interpreta Zeno con finezza, senza eccedere sui vari versanti che rischierebbero di rendere Zeno una macchietta, e fa di questo non facile personaggio quello che è, un emblema delluomo del suo tempo, della crisi ideologica e morale di unEuropa sullorlo della catastrofe.
Aldo Gamba