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Balbo Marina
Cultura e Spettacoli

“L’anoressia è la terza malattia cronica più comune tra i giovani”

Intervista alla psicoterapeuta astigiana Marina Balbo, autrice di un libro sui disturbi alimentari

Il libro di Marina Balbo

L’anoressia è la terza malattia cronica più comune tra i giovani.
E’ uno dei molteplici spunti sul tema del disturbi alimentari che si trovano tra le pagine di “Cibo amico, cibo nemico. Un interminabile conflitto. EMDR: la soluzione possibile”. Pubblicato dalla casa editrice Mimesis di Bologna, è firmato da Marina Balbo, direttrice del Centro di psicoterapia EMDR di Asti in cui svolge l’attività di psicoterapeuta.
Un volume in cui, grazie alla sua pluridecennale esperienza medica nel campo dei disturbi dell’alimentazione, la dottoressa tratta dei fattori che portano allo sviluppo delle patologie e di come possono essere identificati, gestiti e curati. Marina Balbo, infatti, è anche socio fondatore, vicepresidente del consiglio direttivo nazionale, supervisore e co-trainer nell’ambito dell’associazione italiana per l’EMDR, oltre che autrice di libri e di ricerche scientifiche (firmate con altri colleghi).
Le abbiamo posto alcune domande per saperne di più (di seguito un estratto dell’intervista pubblicata sull’edizione del 10 marzo de “La nuova provincia”).

Obiettivi e contenuti

Dottoressa, a chi si rivolge il libro?
«Il libro è rivolto a tutti coloro che vivono in modo problematico il rapporto con il cibo. E’ utile per riconoscere i sintomi di un eventuale disturbo alimentare e le caratteristiche del circolo vizioso che si nasconde dietro il desiderio di mangiare troppo (o troppo poco) con attenzione specifica alle emozioni correlate. E’ inoltre rivolto a medici, psicoterapeuti, genitori di ragazzi in difficoltà che desiderino approfondire l’argomento».
In quante e quali parti è diviso?
«Il testo è diviso in due parti. La prima, più teorica, è finalizzata alla conoscenza del disturbo e degli aspetti emotivi ad esso collegati. La seconda, più pratica, è composta da una serie di schede di autoaiuto per riconoscere i sintomi e trovare risorse per chiedere aiuto…».
In cosa consiste il trattamento EMDR e per quali scopi è nato?
«L’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) è un trattamento terapeutico ideato negli anni ’80 da Francine Shapiro. Viene utilizzato per alleviare lo stress associato agli eventi traumatici e la sua efficacia è provata da numerosi studi scientifici. Può essere utilizzato solo da psicologi o medici abilitati alla psicoterapia. I terapeuti, adeguatamente formati e supervisionati nella loro pratica clinica, guidano i pazienti nell’individuare le esperienze traumatiche che sono alla base dei loro sintomi attuali. Cambiando infatti la percezione dei ricordi disturbanti, sarà possibile modificare il modo con cui l’individuo percepisce se stesso e gli altri, promuovendo la trasformazione dell’evento traumatico in risorsa».
Perché si può applicare anche nel caso dei disturbi alimentari?
«La specificità del metodo EMDR favorisce l’acquisizione di consapevolezza da parte del paziente delle ricadute delle esperienze traumatiche sul suo funzionamento attuale globale. Nel trattamento del disturbo alimentare il terapeuta ricerca, all’interno della storia di vita della persona, gli eventi di vita critici alla base della formazione e del mantenimento del disturbo. Le emozioni più comunemente sperimentate, come la vergogna e la colpa, rendono i pazienti, che vivono un rapporto problematico con il cibo, particolarmente vulnerabili a sensazioni di sfiducia, timore di giudizio altrui e bassa autostima».
Nel libro compie un excursus storico sui disturbi alimentari. Come sono cambiati nel tempo e per quali motivi?
«Nella storia dell’umanità il problema principale è sempre stato la carenza di cibo. Oggi, invece, in presenza di una sovrabbondanza di cibo assistiamo ad una frenetica e ossessiva ricerca di un corpo magro. Per il popolo italiano, però, il cibo è stato una conquista. La storia italiana è una storia di povertà, dove per tanto tempo gran parte della popolazione ha fatto fatica a sfamarsi. Agli inizi del ‘900, ad esempio, per i contadini la spesa del cibo arrivava anche all’80% del budget familiare».
«Dagli anni ’80, poi, il rapporto con il corpo è inteso in senso estetico. Negli ultimi decenni, mentre il prototipo di donna ideale si è spostato verso l’esaltazione della magrezza, l’alimentazione si è arricchita di grassi. Inoltre, nella nostra epoca, dagli anni ’70 in poi, le donne hanno vissuto un mutamento radicale del loro ruolo sociale e della loro stessa identità. Per i soggetti più vulnerabili, conformarsi al modello fisico dominante rappresenta la soluzione patologica al problema dell’identità e del valore personale e in parte consente di ridurre il disagio causato dalla sensazione di inadeguatezza».

I disturbi alimentari nella società attuale

Attualmente quali sono i principali disturbi alimentari?
«I principali disturbi alimentari sono l’anoressia nervosa, la bulimia ed il binge eating disorder (disturbo da alimentazione incontrollata). Nel caso dell’anoressia, vi è una restrizione patologica alimentare che porta a un forte dimagrimento. Invece nella bulimia sono presenti abbuffate a cui seguono condotte compensative quali vomito, abuso di lassativi/diuretici ed eccessiva attività fisica».
«Per quanto riguarda il disturbo da alimentazione incontrollata, infine, vi sono frequenti episodi di abbuffata non seguiti da condotte compensatorie. E’ stimato che circa il 30% degli obesi sia affetto da questo disturbo. L’obesità non rientra tra i disturbi alimentari, ma è una condizione fisica di sovrappeso, classificata secondo il BMI (Body Mass Index). È un fenomeno multifattoriale: le cause sono fisiche, metaboliche, psicologiche e sociali».
Da quale età si manifestano?
«L’età si abbassa sempre di più, tanto che il malessere inizia a fare il suo esordio già a 11 anni e in alcuni casi, secondo i pediatri, addirittura in bambine di soli 8 anni».
«La fascia d’età in cui entrambi i disturbi si manifestano più spesso è quella tra i 15 e i 19 anni. L’anoressia è la terza malattia cronica più comune tra i giovani. I pazienti con anoressia tra i 15 e i 24 anni hanno un rischio di mortalità 10 volte superiore a quello dei coetanei. Il numero di decessi in un anno per anoressia nervosa si aggira intorno al 6%, al 2% per bulimia nervosa e al 2% per altri disturbi alimentari non specificati».
Quali le principali cause?
«Nell’insorgenza del disturbo vengono individuati diversi fattori di rischio: genetici, neuroendocrini, evolutivi, psicologici, sociali, da tenere presenti per le implicazioni terapeutiche che ne derivano. Si tratta di fattori biologici, socioculturali, individuali e familiari, nonché di eventi di vita critici spesso presenti nei pazienti con disturbi del comportamento alimentare e che costituiscono i fattori predisponenti. A ciò si associa spesso una predisposizione genetica per tali disturbi, associata ad una scarsa autostima, all’inserimento in un contesto giudicante e all’ idealizzazione delle forme corporee. Le esperienze traumatiche possono rappresentare dei fattori precipitanti per l’innesco della problematica».
Quali sono, quindi, i profili psicologici delle persone che ne soffrono?
«I profili psicologici delle persone che ne soffrono sono caratterizzati da timore ossessivo di biasimo e di delusioni, estrema vulnerabilità alle critiche, terrore di deludere gli altri e di essere delusi e generale incapacità di affrontare l’ansia e gestire le frustrazioni. Per questo, è frequente che tali soggetti utilizzino il cibo (in restrizione o in eccesso) per compensare le difficoltà psicologiche che ne derivano».

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