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Lella Costa: l'ironia, quella capacità di vedere le cose in modo diverso
Cultura e Spettacoli

Lella Costa: l'ironia, quella capacità di vedere le cose in modo diverso

L’attore Aldo Delaude aveva appena terminato di leggere l’incipit del libro “Come una specie di sorriso”, scritto da Lella Costa, e ancora in testa riecheggiavano le parole dell’autrice che,

L’attore Aldo Delaude aveva appena terminato di leggere l’incipit del libro “Come una specie di sorriso”, scritto da Lella Costa, e ancora in testa riecheggiavano le parole dell’autrice che, appena entrata nel carcere di Quarto, aveva raccontato a noi giornalisti i suoi ricordi costigliolesi. E’ cosa ormai assodata che Lella Costa aveva i nonni materni astigiani e che lei aveva trascorso diverso tempo della sua infanzia proprio in quelle terre del vino, tra la tipografia del nonno e la cartoleria della nonna. A Costigliole era stata “deportata” dai genitori a soli quattro anni, dopo aver tentato di “sopprimere” il fratellino (come lei stessa ha raccontato), proprio nel difficile momento in cui stava imparando a camminare.

“Ho volutamente allungato la mia gamba – ha raccontato Lella Costa – e l’ho fatto cadere. Ero molto vivace e non riuscivo a spiegarmi perché quell’esserino così piccolo fosse venuto ad incidere in modo tanto forte sull’equilibrilo familiare”. Fantasie di bambini per cui certi atti assumono significati profondi, irreversibili? Può essere; in ogni caso, volontariamente o meno, la caduta del fratello ci fu e lei venne inviata dai nonni a Costigliole. E’ chiaro che tra tipografia e cartoleria, l’amore per i libri, per la scrittura, per la carta stampata, non poteva tardare ad arrivare ed arrivò. “A dire il vero il nonno era violinista”, ha precisato l’autrice del libro, ma per vivere, evidentemente, non era sufficiente la bellezza di quelle quattro note lanciate verso il cuore del pubblico. Ci voleva qualcosa di più. Un lavoro. Ed ecco l’idea della tipografia. “Mi capitarono in mano alcuni fumetti di “Monello” ed imparai a leggere da autodidatta”.

Grazie forse alla sua verve, la vita di Lella Costa prese poi un indirizzo particolare, quello dell’ironia. Il suo compito diventò quello di far divertire il pubblico teatrale in sala e anche televisivo, comodamente seduto sul divano del salotto. Due filosofie completamente differenti. Ma accanto al sorriso i suoi monologhi hanno sempre alimentato la riflessione. Con lei si ride, ma con lei si pensa e si riflette sulle sorti del nostro paese, della nostra società. E non ha mancato di far ridere e riflettere anche in questa occasione, di fronte ai detenuti del carcere di Quarto che hanno ascoltato il suo intervento con grande attenzione e grande trasporto. “Ironia significa rimanere in contatto con il mondo anzi, significa guardare il mondo in modo diverso, alternativo”, ha spiegato l’autrice del libro che prendeva spunto dalle domande del moderatore per divagare con grande maestria e capacità, nei meandri dello scibile.

“Ironia significa dire una cosa falsa o magari esagerata per sottolinearne una vera che si può solo intuire tra le righe o nell’espressione del volto, o nel tono della voce. E’ un’affermazione di dignità è la vittoria del singolo sugli eventi della vita. Cosa ben diverso il sarcasmo, che porta con sè un senso profondo di cattiveria, di appuntito, di pungente e sovente è solo fine a sè stesso. L’ironia, invece, va sempre di pari passo con la dignità ed è un valore che, se ce l’hai, te lo porti dentro per tutta la vita”. E l’esempio di Edoardo Scarpetta, attore ironico che ha saputo mantenere fino in fondo questa sua innata freschezza, è caduto a fagiolo. Morì sul palcoscenico di fronte al pubblico e quando si accorse che il momento del suo trapasso era ormai giunto, proprio lì su quel palco, disse ad alta voce, “vedete che il tragico so farlo anch’io”. Poi morì. Quello fu un grande esempio di cosa sia l’ironia. Ma questa può essere rivolta anche verso sè stessi.

L’esercizio dell’autoironia è visto da Lella Costa come “un lavoro efficace contro ogni forma di assolutismo, anche quello di chi pensa di avere sempre la verità in tasca”. Poi l’autrice ha parlato del suo essere femminista e dell’importanza del ruolo della donna nella società moderna. “Ciò che ha prodotto la crescita della nostra società è tutto femminile – non ha esitato a dire l’autrice-attrice – la donna è sempre stata dietro l’uomo, quello è il luogo dove la storia l’ha relegata. Non poteva esprimersi, non poteva produrre arte, non parliamo poi di ricoprire ruoli di comando o di potere. Mai. La donna è sempre rimasta dietro. Poi dopo i primi successi, si è iniziato a riconoscere che dietro ad un grande uomo c’è sempre una grande donna. Sarà, però eravamo sempre dietro. Ma oggi si potrebbe affermare che dietro ad un grande uomo c’è sempre una donna stupefatta, stupefatta per come la società possa aver scambiato il suo per un grand’uomo”.

Altro esempio di ironia, quella stessa che ha raccontato nel suo libro che stava così mirabilmente snocciolando nel teatro del carcere. “Il pianeta è ridotto così per come lo hanno gestito gli uomini. E’ ora che lasciate provare un po’ anche noi, che a forza di rimanere dietro forse abbiamo imparato qualcosa. Se non altro a vedere il mondo da un’angolatura diversa, più ironica”. Il suo intervento fluiva come un fiume in piena e la piena è proseguita anche di fronte alle domande dei carcerati. Poi il saluto finale e l’arrivederci a tutti i presenti tra cui non è mancato l’assessore alla cultura Massimo Cotto e quello ai servizi sociali Piero Vercelli. L’incontro era collegato direttamente al salone del libro di Torino.

Flavio Duretto

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