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Romano Prodi e le sue riflessionipedalando sull'amata bicicletta
Cultura e Spettacoli

Romano Prodi e le sue riflessioni
pedalando sull'amata bicicletta

Sgombriamo subito il campo da potenziali equivoci: non ho mai nutrito particolare interesse per Romano Prodi come politico né sinceramente mi è mai stato simpatico come persona. Tuttavia

Sgombriamo subito il campo da potenziali equivoci: non ho mai nutrito particolare interesse per Romano Prodi come politico né sinceramente mi è mai stato simpatico come persona. Tuttavia l'arrivo in città di una personalità di obiettivo richiamo come l'ex due volte primo ministro e già presidente della Commissione Europea non poteva certo passare inosservata, e pazienza che io al pensiero di intervistarlo non abbia fatto i salti di gioia. Incontro Prodi lo scorso sabato nel cortile dei Padri Oblati di via Asinari, poco prima che inizi la sua lectio magistralis da "tutto esaurito" sui rapporti tra America e Cina tenutasi nell'ambito di "Passepartout", la fortunata rassegna organizzata dalla Biblioteca Astense. È rilassato, concede ampi sorrisi e non lesina strette di mano e battute con coloro che si avvicinano per salutarlo; si presta persino a qualche selfie con un gruppo di studenti euforici per aver appena festeggiato la fine dell'anno scolastico. Quindi accetta con piacere di conversare con me e in tono scherzoso ci tiene subito a precisare: «Tu fammi le domande e magari io mi avvalgo della facoltà di non rispondere», e poi ride di gusto col suo volto pacioso trasmettendomi istantaneamente un pizzico di buon umore e riuscendo addirittura ad ammorbidire un po' la mia diffidenza pregiudiziale nei suoi confronti. Fatto sta che, complice la sua immediata affabilità, ci caliamo perfettamente nello spirito della rubrica "Un caffè con" e finiamo a parlare ben presto di argomenti da bar, appunto, come l'hobby della bicicletta e il calcio. Nemmeno fosse una rimpatriata tra vecchi amici.

Decidere in bici
«Non è la prima volta che vengo ad Asti, sono stato qui diverse volte. La prima volta credo che tu non fossi ancora nato e quindi posso dire di essere stato astigiano, almeno per un po', prima di te» e giù risate. Poi, tornando serio: «Era il 1983 e intervenni come relatore ad un convegno organizzato dall'allora ministro del Tesoro Gianni Goria, vostro indimenticato concittadino. Parlai da presidente dell'Iri davanti a molti studenti al Cinema "Vittoria", in corso Dante (sito dove attualmente c'è l'edificio del Montepaschi, ndr.). Invece pensa che stavolta volevo venire in bici».
Alla mia espressione stupefatta si sente in dovere di puntualizzare: «Beh, non sarei venuto in bici da Bologna a qua, intendiamoci! L'avrei caricata in macchina per poi fare qualche giro nel Monferrato, e in verità avevo già anche fatto un programmino ma poi ho consultato le previsioni meteo e poiché erano abbastanza incerte ho preferito lasciare la bici in garage. Per me la bici ha un grosso significato. Sai che le decisioni più importanti della mia vita personale, e talvolta anche politica, le ho sempre prese andando in bicicletta? Mi dirai che è uno sport abbastanza stupido nel senso che è ripetitivo però quando sono in sella alla mia due ruote finisce sempre che sono portato a pensare lentamente e questo stimola la riflessione e aiuta a prendere decisioni, a fare scelte ponderate».
Sempre parlando di sport, il Professore è anche appassionato di calcio e tifosissimo della squadra della sua amata città, Bologna, neopromossa nella massima serie dopo un anno di purgatorio in B. Sono stati dodici mesi dolorosi e travagliati per i sostenitori rossoblù come Prodi ma finalmente ora il calvario è finito: «Sono contentissimo per il ritorno in A del Bologna e obiettivamente devo dire che siamo stati pure fortunati, oltreché bravi, poiché ad esempio le ultime due partite non sono state propriamente giocate come dio comanda. La partita contro il Pescara di una decina di giorni fa, quando siamo stati promossi, l'ho dovuta seguire con trepidazione dal tablet perché tornavo da una riunione a Roma».

Etica e formazione
Per evitare di cominciare a parlare di donne e motori, altri tipici argomenti da bar, mi sovviene che davanti a me ho pur sempre un personaggio politico che ha ricoperto (e ricopre tuttora) prestigiosi incarichi pubblici e dunque non posso esimermi dal far virare la nostra conversazione su argomenti più "seri" come ad esempio la lotta alla corruzione, piaga da sempre diffusa in tutti i gangli vitali dell'apparato statale: «Non vorrei demoralizzarti ma adesso che ho occasione di girare il mondo vedo che la corruzione è profonda non solo in Italia ma anche in altri Paesi come la Cina dove tuttavia negli ultimi tempi si è avviata una lotta severa e durissima contro di essa. Credo però che solo una formazione etica fortissima possa bloccare i fenomeni corruttivi. Certamente mi accorgo che oltre ad una struttura statuale seria servirebbe soprattutto il controllo etico della società civile. In altre parole, se non c'è la gente che reagisce quando si accorge di questi fatti, le norme giuridiche fanno quello che possono».
Il Professore mi parla anche dell'importanza di una buona formazione umana prima che politica e lui, in questo senso, ricorda con nostalgia una figura di riferimento per la sua crescita personale: «Parliamo degli anni prima di Cristo, eh» mi dice facendo emergere ancora una volta una malcelata autoironia. «Devi sapere che quando ero universitario alla Cattolica di Milano ero tra gli studenti del Collegio Augustinianum e ebbi la fortuna di incontrare un sacerdote straordinario: don Mario Giavazzi, direttore e assistente spirituale del Collegio. Don Mario era una persona intelligentissima capace di responsabilizzarti e "inquadrarti" facendoti capire eventuali deviazioni ma lasciandoti anche grande libertà. Quello per me è stato un periodo davvero molto importante, un momento di svolta della mia vita nel quale ho iniziato a capire l'importanza di termini come responsabilità ossia il rispondere dei propri comportamenti, l'accettare le conseguenze delle proprie scelte».

Rinnovamento e bischeri
Approdato alla politica attiva in età "matura", Prodi non considera certo il rinnovamento un dato legato esclusivamente ad una questione anagrafica: «La "vocazione" politica l'ho sempre avuta, nel senso dell'enorme interesse per le vicende politiche. Tuttavia sono entrato attivamente in politica solo a 56 anni, quando ormai non ci pensavo più anche se avevo già avuto incarichi pubblici di una certa responsabilità come la presidenza dell'Iri. Il rinnovamento è importantissimo ma ciò non toglie però che ci sono i bischeri che sono giovani e i bischeri che sono vecchi. Quando uno è bischero lo è sempre, ad ogni età. Mi rendo però conto che da noi il rinnovamento era indispensabile perché c'erano delle concrezioni radicate e si trattava di rompere una specie di guscio che nel corso degli anni si era creato». Parlando di rinnovamento nel partito e in Parlamento, il Professore ha usato un termine tipicamente toscano. E questo, secondo me, qualcosa vorrà pur dire.
Come parecchi lettori ricorderanno, Romano Prodi sia nel 2013 (rielezione di Napolitano) sia nel 2015 (elezione di Mattarella) è stato uno dei "papabili" per la poltrona di Presidente della Repubblica Italiana. Adesso sembra minimizzare quelle circostanze: «Non era uno dei miei desideri, credimi. Il fatto di non essere diventato Presidente non mi pesa per niente. Ero sicurissimo di non farcela e infatti quando c'erano le votazioni decisive io non mi trovavo neppure in Italia. E poi, in fin dei conti, negli scrutini ho sempre preso sostanzialmente il doppio dei voti che mi sarei aspettato».
Si dice che "non c'è due senza tre", e chissà che in una ipotetica terza occasione per Prodi non sia la volta buona per il Quirinale. Ma forse al Professore l'espressione "la volta buona", diventata uno degli slogan più gettonati dal rottamatore fiorentino, non piacerà tantissimo.

Bartolo Gabbio

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