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Artigiani, nell’Astigiano il 9,6% pensa di essere costretto a chiudere l’attività

E’ uno dei dati emersi dall’indagine di CNA e UniCredit sull’efficacia delle reti tra aziende per contrastare la crisi dovuta alla pandemia

Sarà caratterizzato da un “effetto bipolarizzazione” lo scenario per i prossimi mesi previsto dalle micro e piccole imprese astigiane aderenti all’associazione di categoria CNA (Confederazione Nazionale Artigianato). Il 47,9% prevede infatti di rimanere in equilibrio economico positivo, mentre il 38,3% pensa di registrare perdite (pesanti o leggere). Solo il 4,1% pensa di aumentare attività e fatturato, mentre il 9,6% (dato nettamente superiore alla media piemontese, coerente con le dimensioni delle imprese) pensa che sarà costretto a chiudere l’attività. Come uscirne? Nonostante la crisi pandemica e le dimensioni ridotte delle imprese astigiane, il 49% delle aziende pensa che aggregarsi sia la strategia migliore per contrastare la crisi, piuttosto che agire in autonomia o fondersi con altre aziende.
Emerge dall’indagine Monitor Mpi “La strategia delle 3R: Relazioni, Reti, Resilienza – Focus provincia di Asti”, promossa dall’Osservatorio Mpi dell’associazione di categoria CNA Piemonte in collaborazione con le CNA territoriali ed in partnership con UniCredit SpA.
Giunta alla terza edizione, è stata illustrata mercoledì scorso in occasione di una videoconferenza on line a cura del prof. Daniele Marini, docente di Sociologia presso l’Università di Padova e direttore scientifico della divisione Research & Analysis di Community Group, che ha curato la supervisione scientifica dell’indagine.
Ad intervenire, tra gli altri, Fabrizio Actis, presidente di CNA Piemonte; Ermanno Laner, presidente CNA Asti, affiancato dalla direttrice Stefania Gagliano; Andrea Villata, Area Manager Piemonte Sud Est di Unicredit. Al termine, le riflessioni di amministratori e rappresentanti del mondo imprenditoriale locale.

La ricerca

L’edizione 2020 ha coinvolto a livello regionale 1.377 fra artigiani e micro-piccole imprese, di cui 84 con sede in provincia di Asti.
Come per le precedenti edizioni, la rilevazione è composta da due sezioni. La prima dedicata alla congiuntura economica, in base alla rilevazione condotta tra settembre e ottobre 2020.
La seconda – solitamente dedicata ad un focus tematico – quest’anno si è concentrata sulla relazione fra le imprese come chiave di volta per fronteggiare la crisi in atto.
«Spesso – ha sottolineato il prof. Marini – le analisi si concentrano sul mondo imprenditoriale come se le imprese fossero autonome. In realtà sono inserite in forti reti di relazioni con imprese di altri settori».

La fotografia dell’Astigiano

Lo spaccato emerso dell’Astigiano mostra il mondo della piccola impresa fatto in prevalenza da imprenditori individuali (47%). Solo il 7% supera la soglia della microimpresa (9 addetti). Il settore dominante è l’edilizia (45%), seguito da commercio e servizi (41%), mentre il settore manifatturiero raccoglie il 14% delle aziende. Al netto delle vicende legate alla pandemia, le imprese che offrono performance migliori (o meno negative, data la contingenza) sono accomunate appunto dalla “strategia delle 3R”.

I commenti

«Com’era facile attendersi, i saldi di tutti gli indicatori (fatturato, ordinativi interni ed esteri, occupazione e investimenti) portano segni più o meno marcati in senso negativo», ha spiegato Daniele Marini. «Per contro – ha evidenziato – le attività molto aperte all’export pagano un conto più salato anche a causa della guerra commerciale fra Usa e Cina durante l’era Trump».
«Nonostante le dimensioni ridotte – ha aggiunto Ermanno Laner, presidente della CNA di Asti – le imprese astigiane intrattengono un numero di relazioni maggiore rispetto alla media regionale (una media di 72,5 contro le 66 regionali) in prevalenza con imprese italiane. Il mercato di riferimento è prevalentemente domestico (il 70% opera entro i confini regionali). Solo il 7,1% delle imprese ha relazioni con l’estero».
«La pandemia – ha indicato Stefania Gagliano, direttrice della CNA di Asti – ha impresso una forte accelerazione ad un insieme di processi già in atto. E’ sufficiente citare la rivoluzione digitale, che ha costretto le imprese ad una profonda revisione dei propri modelli di business, attuando anche strategie aggregative».

Le catene del valore

Il discorso è stato poi allargato alle catene del valore, caratterizzate da relazioni più strutturate da rapporti di fornitura, che vedono al centro le imprese “intermedie”, ditte artigiane manifatturiere che realizzano prodotti, semilavorati o servizi per altre realtà. Un discorso che, tuttavia, non riguarda in modo massiccio l’Astigiano, dove la manifattura non è prevalente.

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