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Asti: i redditi persi per la grande crisi
Economia

Asti: i redditi persi per la grande crisi

La notizia brutta è che Asti continua a perdere reddito, quella buona è che siamo in compagnia del 90% d’Italia, quindi se vale ancora il detto “mal comune, mezzo gaudio”….

La notizia brutta è che Asti continua a perdere reddito, quella buona è che siamo in compagnia del 90% d’Italia, quindi se vale ancora il detto “mal comune, mezzo gaudio”….

A dare i numeri è la classifica stilata dal Sole 24 Ore sulla base dei redditi comunali pubblicati dal dipartimento delle Finanze con un raffronto fra quelli presentati nel 2016 (con riferimento all’anno 2015) e quelli del 2007, ultimo anno “normale” prima di scivolare nella grande e lunga crisi economica.

Il segno meno riguarda tutta Italia e tutte e tre le categorie selezionate: reddito medio, numero di contribuenti e reddito aggregato.

Per quanto riguarda il reddito medio, si intende quello dichiarato da tutti coloro che hanno un reddito superiore allo zero. E’ l’unica classifica in cui Asti, pur collocandosi nel segno meno, ha subito una perdita meno consistente di altre province italiane.

Con un reddito medio di 20.172 euro, perde lo 0,48% rispetto al 2007, tenendo conto che la variazione è stata calcolata a parità di potere d’acquisto per neutralizzare l’effetto dell’inflazione. La media nazionale è quella di 20.798 euro in media ad abitante con una perdita dell’1,32%.

Sembreranno percentuali minime, rispetto al “percepito”, ma gli statistici spiegano che non c’è da stare allegri perché nella maggior parte dei casi si tratta semplicemente di una percentuale attenuata dal fatto che diminuisce la platea di contribuenti. In mezzo a meno contribuenti, anche quello medio basso risente sembra stare meglio.

E il numero di contribuenti, nella nostra provincia, è calato sensibilmente, collocandola nella parte più rossa della classifica.

Gli attuali 155.444 cittadini che dichiarano un reddito sono il 5,23% in meno del 2007 (considerando che il calo a livello nazionale è stato in media del 3,14%).

Dove sono finiti tutti questi contribuenti in meno?

Due le spiegazioni che gli analisti forniscono: l’aumento del sommerso, cioè dei lavoratori che non dichiarano redditi al Fisco e aumento dei disoccupati per effetto della crisi. Quella di uno scivolamento di molti lavoratori dall’attività dichiarata a quella “in nero” è anche l’unica spiegazione alla tenuta dei consumi.

Di qui la necessità di una lotta più incisiva all’evasione per far avvicinare il più possibile il reddito “dichiarato” a quello “reale”.  Ciò consentirebbe un gettito fiscale maggiore che potrebbe andare anche ad incrementare misure di sostegno dei redditi più bassi in modo da poter reimmettere nell’economia nuove capacità di spesa.

Ultimo dato, quello che riguarda il reddito aggregato, ovvero il totale dichiarato per provincia, segna un calo ancora maggiore: 3.136 milioni di euro con una diminuzione del 5,7% rispetto al 2007 e oltre un punto percentuale in più rispetto alla media nazionale.

Un discorso a parte lo merita la differenza evidenziata dalla classifica fra lavoratori dipendenti e pensionati, quelli che assicurano la maggior parte dell’imponibile complessivo del “730 Italia”.

Mentre a parità di numero di addetti dipendenti, il loro reddito è molto oscillante e dipende dagli andamenti dei posti di lavoro, quello dei pensionati è totalmente stabile e questo consente loro addirittura di guadare diverse posizioni nella quota di reddito complessivo. L’analisi dei dati riguardanti gli assegni pensionistici, infatti, ha fatto segnare (a livello complessivo) un +7% nel periodo preso in considerazione, ovvero dal 2007 al 2015 mentre il reddito da lavoro dipendente ha segnato un -5%.

Confermando i pensionati fra i consumatori che stanno arginando la crisi dei consumi.

Per curiosità,  la provincia che ha segni positivi in tutte e tre le classifiche è Bolzano dove il reddito è aumentato del 3,84%, il numero di contribuenti del 4,21% e il reddito complessivo dell’8,2%, ma è Milano la città dove vive il maggior numero di ricchi (con oltre 75 mila euro di reddito annuale). I più “poveri” vivono in Sardegna, Sicilia e Calabria, con la maglia nera dei redditi a Medio Campidano.

Daniela Peira

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