"Il compito di un giornale è quello di dare informazioni e fare chiarezza". Così il nostro direttore, Flavio Duretto, ha presentato l'obiettivo del convegno "Banche: rifugio o
"Il compito di un giornale è quello di dare informazioni e fare chiarezza". Così il nostro direttore, Flavio Duretto, ha presentato l'obiettivo del convegno "Banche: rifugio o rischio?". Un tema delicato su cui si percepisce una certa confusione, complice anche ciò che è stato detto di recente in una trasmissione tv. In questo caso si è scelto di fare informazione invitando alcuni tra i relatori più qualificati sul panorama nazionale, grazie alla preziosa collaborazione di Antonio Rinetti, esperto del mondo bancario. E' stato Fulvio Coltorti, direttore emerito e Consigliere economico dell'Area Studi Mediobanca, a tracciare con chiarezza la storia degli sviluppi della legge bancaria, dal 1936 a oggi.
Come sono cambiate le banche
La legge del '36 contribuì a creare un "sistema che comprendeva banche che non potevano fallire perché sotto controllo pubblico, su quelle private vigilava la Banca d'Italia ed esisteva un cartello bancario che faceva sì che non ci fosse concorrenza tra loro. In più la classe dirigente era tecnicamente preparata e moralmente indiscussa." Coltorti ha citato alcuni di quei nomi, tra cui Einaudi, Beneduce e Baffi. Lo scenario è cambiato quando dallo Stato si è passati al mercato e le banche, dopo la ventata di privatizzazioni degli anni '90, "come risposta all'Unione Europea che chiese all'Italia di alleggerire le partecipazioni dello Stato e poi con la Legge Amato, si trasformeranno in "imprese".
Progressivamente, la banca non è più "per gli altri", ma per i propri azionisti e quindi orientata al profitto. Con lo scoppio della bolla immobiliare del 2007, comincia la grande crisi. Coltorti evidenzia che in molti paesi del mondo le banche sono state aiutate, mentre quelle italiane dal 2007 al 2013, non ne hanno avuto bisogno. "Dal bail out, il salvataggio fatto dall'esterno si passa al bail in con una legge che è entrata in vigore il 1 gennaio". In Europa si è deciso che i contribuenti non devono salvare le banche, ma che queste vanno salvate con i soldi di chi è dentro alle banche. Questo, come è noto in Italia è stato applicato a 4 banche. "Il rischio è grosso, poiché ci va di mezzo chi ha azioni, obbligazioni subordinate e, nei limiti dei 100.000 euro, chi possiede depositi".
Marco Vitale: panorama bancario e territorio
Non ha nascosto la sua preoccupazione circa le politiche economiche e bancarie che si stanno perseguendo. Tempo fa è iniziata una "politica di accanimento verso l'ingrandimento"- avallata all'epoca anche da Fazio, – per Vitale "il peggior governatore della Banca d'Italia"- che spinse le banche territoriali in questa direzione. Lunedì scorso il Governo non aveva ancora detto sì alla riforma del credito cooperativo (la notizia è di ieri) e Vitale commentava: "Ci troviamo di fronte a un'aggressione verso le banche territoriali. Mosso da indignazione e paura, ho firmato un ricorso al Tar per un esame di costituzionalità del provvedimento governativo che obbliga le popolari che hanno un attivo superiore a 30 mld a trasformarsi in Società per Azioni".
Secondo l'economista il motto di riportare le banche popolari alla logica di mercato scardinerebbe anche la nostra Costituzione (Art.47)" perché questa non va bene al pensiero dominante poiché bilanciata, in essa c'è posto per grandi e piccoli". Vitale ha concluso con un consiglio: "I vostri risparmi trasformateli in investimenti. Investite nella casa, negli studi dei figli, nel ristorante del vostro amico. Siate debitori verso le banche, non ne siate i creditori!".
Massimo Mucchetti: Politica e banche
Il Senatore Mucchetti ha sottolineato come spesso "alcuni economisti associno l'esercizio del credito legato al territorio al clientelismo, a una politica locale che influenza il prestare soldi all'amico dell'amico senza avere garanzie che questo sia un buon debitore". Gli stessi sembrano pensare che la grande banca del modello Mc Kinsey sia invece efficiente e meritocratico. Non è così ed è importante valutare le cose caso per caso, facendo la fatica di capire di che cosa stiamo parlando.
Tra le battaglie importanti che l'Italia dovrà fare, c'è quella di "evitare che passi il progetto di non considerare più risk free i titoli di stato dell'eurozona. Per l'Italia sarebbe pericolosissimo sia per il sistema bancario che assicurativo". Il Senatore ha poi richiamato l'attenzione sulla necessità che "ogni sistema Paese investa in titoli di Stato dell'Eurozona di tutti i Paesi in proporzione al PIL di ciascuno". Questo sarebbe un modo per mutualizzare il debito pubblico e le obbligazioni che lo finanziano. E sarebbe un passo in avanti per avere un'Europa più solidale.
Alessia Conti