Va in archivio un'annata agraria tra luci ed ombre che agli uomini Coldiretti non fa perdere l'ottimismo pur non nascondendo le criticità. La fotografia è stata descritta nell'abituale
Va in archivio un'annata agraria tra luci ed ombre che agli uomini Coldiretti non fa perdere l'ottimismo pur non nascondendo le criticità. La fotografia è stata descritta nell'abituale incontro convocato quest'anno tra le colline care al Gignolino, con i vertici dell'organizzazione riuniti al salone "Alfieri" di Portacomaro. Tra gli aspetti positivi registrati nel settore primario quello occupazionale. A fronte di un numero minore di aziende cresce quello degli addetti. Significa che, nonostante il momento di crisi, si continui ad assumere o comunque si regolarizzino posizioni lavorative.
Confrontando i dati della Camera di Commercio un'impresa su tre operativa nell'Astigiano è impiegata nell'agricoltura (31%) anche se sono il loro numero nell'ultimo anno è sceso di 400 unità. Peraltro lo stesso numero si registra quasi parimenti nel computo complessivo delle ditte. Il saldo resta negativo confrontando l'ultimo decennio che in agricoltura ha visto "sparire" oltre 2 mila 500 imprese. «Meno aziende ma con maggior numero di addetti» ha precisato il direttore Antonio Ciotta, riferendosi all'incremento di 400 braccianti, soprattutto lavoratori stagionali. Costanti i coltivatori diretti ma si continua ad assottigliare il divario tra questi (5841) ed i dipendenti (5038). Il saldo è positivo con +355 per 10 mila 897addetti totali. Uno strumento particolarmente utilizzato in campagna è il voucher come dimostrano i 13 mila 500 staccati nell'ultimo anno a fronte degli 11 mila 500 dell'anno precedente.
Nell'analisi della tipologia delle aziende agricole presenti nella nostra provincia non si può omettere l'anzianità delle stesse. Il 35% ha alla conduzione persone di 50 e più anni. Aziende di non grandi dimensioni ma specializzate. La dimensione è però fondamentale nel comparto della zootecnica quello in assoluto che sta maggiormente soffrendo ed archivia un anno negativo. Nell'Astigiano si contano 938 allevamenti e poco più di 43 mila animali, con la metà di razza piemontese e la restante importati dalla Francia. Stalle piccole, tanto che il 77% non raggiunge i 50 capi, e paiono destinate a chiudere non avendo margini sufficienti dal punto di vista imprenditoriale con il rischio che diventi allevamento per passione. C'è poi tutto il settore legato alla viticoltura su cui incombe minacciosa la flavescenza, che continua a colpire con prime minacciose presenze anche nel Sud Astigiano tra i vigneti di Moscato. Da Coldiretti un appello alle istituzioni per proseguire nel finanziare la ricerca, al momento l'unica via possibile oltre ai trattamenti.
Con 15 mila ettari la provincia di Asti raccoglie un terzo dei vigneti in Piemonte. «Tuttavia i prezzi delle uve registrano quotazioni a volte inferiori all'anno precedente a fronte di un prodotto maggiore. La crisi ha colpito soprattutto il mercato interno dove si registra anche la difficoltà nei pagamenti» ammette il presidente Roberto Cabiale. Il numero uno provinciale però indica anche i numeri positivi che continua a dare il progetto "Barbera Amica" con i conferimenti di uve cresciuti all'ultima vendemmia da 1700 a 7 mila quintali. E per la Barbera lancia l'idea di accordo sull'esempio del Moscato. Una filiera troppo lunga che non dà giusta remunerazione al produttore e porta a prezzi alti per il consumatore è un grosso freno al settore frutticolo che lamenta una forte crisi. Non inferiore quella che continua a perdurare nel settore dell'allevamento suino con prezzi ai minimi e allevamenti sempre più in mano all'industria, come con pochissime eccezioni, avviene già nell'allevamento avicolo.
Maurizio Sala