La particolarità della storia della famiglia Pfister e Stutz di Mombaldone è che Simone e André, moglie e marito, abbiano deciso di abbandonare la ricca Svizzera per questo angolo di Langa nei primi anni Novanta, nel pieno dell’urbanizzazione e con due figli piccoli al seguito, per allevare capre e produrre robiole.
Lasciare tutto per rifarsi una vita all’estero, lontano dall’assordante e confusionaria vita di città per trovare la quiete e il ritmo lento della vita di campagna. Un copione già visto, che di questi tempi si è letto più volte soprattutto se si considera che, complice la crisi economica, in molti negli ultimi anni hanno deciso di reinventarsi nel settore agricolo e dell’allevamento. La particolarità, quindi, della storia della famiglia Pfister e Stutz di Mombaldone è che Simone e André, moglie e marito, abbiano deciso di abbandonare la ricca Svizzera per questo angolo di Langa nei primi anni Novanta, nel pieno dell’urbanizzazione e con due figli piccoli al seguito, per allevare capre e produrre robiole.
Una scelta in controtendenza per quegli anni, che lasciò interdetti i loro nuovi vicini astigiani e sulla quale in pochi avrebbero scommesso. Eppure, oggi la loro azienda, la Pfister e Stutz, passata ai figli Jerome e Ramon è un punto di riferimento in zona per l’acquisto della robiola di Roccaverano e i loro formaggi, fatti al 100% con latte crudo di capra, contano svariati premi e riconoscimenti. L’ultimo in ordine di tempo, quello di agosto quando hanno vinto il primo premio alla Fiera Regionale della Robiola di Roccaverano, inoltre nel 2006 grazie alla qualità dei loro prodotti gli fu assegnata “La Grolla d’Oro” come miglior formaggio d’Italia, hanno strappato il titolo ai caprini francesi alle Olimpiadi del Formaggio e dal 2000 è presidio “Slow Food”. Come è partita questa avventura, un po’ per caso, è spiegato dal figlio Jerome, 29 anni che insieme alla moglie Sara e al fratello Ramon, 31 anni , veterinario, porta avanti la tradizione di famiglia.
«I miei genitori studiavano all’Istituto agrario di Zurigo con il sogno di acquistare una fattoria – ci ha spiegato Jerome, che parla un italiano perfetto con quella tipica inflessione del dialetto langarolo che lo rende simile a quello ligure – In Svizzera i prezzi erano improponibili e così i miei genitori cominciarono a cercare tra Italia e Francia. Fu un amico, che a Mombaldone aveva acquistato un’abitazione, a indicargli un rustico in vendita. Quella vecchia cascina cadente è così diventata la nostra nuova casa». Ovviamente sono seguiti accurati lavori di ristrutturazione che hanno ridisegnato l’aspetto dell’immobile, pur conservando il rivestimento in pietra di Langa e le rifiniture in legno degli infissi. Attorno alla casa, si estendono i 40 ettari di prato su cui la famiglia Pfister oltre vent’anni fa cominciò a far pascolare le sue capre, in un paesaggio incontaminato che in qualche modo ricorda i prati verdi della pastorella svizzera per eccellenza, Heidi.
«Siamo capitati all’interno della zona di Denominazione di Origine Protetta (la D.O.P.) per caso. Non sapevamo nulla di robiole. Inizialmente i miei genitori possedevano 15 capre e 15 pecore ma poi decisero di passare esclusivamente all’allevamento caprino– continua Jerome – Producevano i formaggi all’interno del garage e andavano per tentativi. Chiedevano consiglio ai vicini di casa. Qui un po’ tutti allevano capre e producono formaggi ma, giustamente, sono restii a svelarne i segreti. Così, con tanta determinazione e con quel rigore un po’ svizzero i miei genitori sono arrivati a individuare quella giusta combinazione di componenti e quella tecnica di lavorazione del latte che ci ha permesso di ottenere i vari riconoscimenti. Oggi contiamo 200 capre, abbiamo cinque dipendenti stagionali, lavoriamo all’interno di un caseificio in regola e i nostri prodotti sono a certificazione biologica». Mentre parliamo con Jerome, seduti nel giardino della sua cascina-caseificio, il padre André, con il suo accento un po’ tedesco di Zurigo, riceve i clienti che passano direttamente in caseificio per acquistare le robiole.
«Devo tutto a loro – spiega Jerome indicando il padre – Se oggi io e mio fratello abbiamo un’attività affermata è merito dei nostri genitori che ci hanno insegnato un mestiere». E la gavetta, Jerome, l’ha iniziata presto. A 6 anni era già in grado di mungere le capre. «Un’attività come questa è possibile quando hai un valido sostegno. Noi siamo una famiglia numerosa, ciascuno ha il suo compito tra la stalla, il pascolo e il caseificio e riusciamo in questo modo a concederci a turno periodi di riposo. Penso ai miei genitori, invece, che quando hanno iniziato erano soli. In 20 anni non si sono mai concessi cinque giorni di vacanza consecutivi. Sicuramente è una vita di sacrifici ma che sa ben ripagare» dichiara con un sorriso. La sveglia per chi lavora in stalla è alle 6 del mattino e il lavoro termina solo alle 7 di sera. Un’ora dopo nel periodo dei parti delle capre. «E’ faticoso ma non c’è altro lavoro che vorrei fare – conclude il ragazzo -Tutti gli sforzi vengono ricompensati dai sorrisi dei clienti che arrivano anche da fuori provincia pur di acquistare la nostra robiola».
Lucia Pignari