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Casa di riposo comitato lavoratori
Economia
Iniziativa

È nato il comitato di lavoratori “La vergogna della casa di riposo”

Composto da 21 addetti della struttura in mobilità: «Ci troviamo privi di stipendio e lavoro senza averne colpa»

Si intitola “La vergogna della casa di riposo” il nuovo comitato composto da 21 ex lavoratori della “Città di Asti” (ex Maina). Eloquente il nome, che esprime la frustrazione vissuta dai componenti, dipendenti a tempo indeterminato in mobilità per due anni dallo scorso primo gennaio.
«Il presidio è nato dopo l’ultimo tavolo istituzionale in Prefettura – spiega il portavoce temporaneo, Danilo Moiso – durante cui abbiamo assistito all’ennesimo rimpallo di responsabilità tra le istituzioni. Siamo arrabbiati e disperati. Però precisiamo che non siamo antagonisti né concorrenti dei sindacati, anche perché tutti noi siamo iscritti ad una sigla sindacale. Il nostro è più che altro un gruppo di mutuo-aiuto, composto da lavoratori che non accettano di essere puniti ingiustamente per colpe non commesse. Se la casa di riposo si è trovata afflitta dai debiti non è di certo a causa nostra. Eppure ci troviamo in mobilità, ma senza i diritti che questo istituto prevede».
Il riferimento è al fatto che, siccome la “Città di Asti” non ha fondi a disposizione, i dipendenti non percepiscono alcuna retribuzione da gennaio, a parte il versamento dei contributi previdenziali figurativi, nonostante abbiano diritto all’80% dell’ultimo stipendio, ovvero quello dello scorso dicembre. Inoltre hanno diritto a ricevere offerte di lavoro in mobilità diretta da altri Enti pubblici a livello locale e regionale, ma finora sono state avanzate solo un paio di proposte (riguardo a questi punti gli ultimi presidi sindacali hanno determinato degli sviluppi, che si possono leggere qui).
«Siamo stanchi di questa situazione – confida Moiso – e vogliamo che sia accertato il responsabile del fallimento della struttura. Per questo siamo intenzionati a farci assistere da un legale per valutare se esistano i presupposti perché i responsabili vengano chiamati a risponderne nelle sedi opportune. Nel frattempo chiederemo alla Prefettura di poter partecipare ai tavoli istituzionali come osservatori».

Le richieste dei componenti

Tra i componenti del comitato ci sono lavoratori prossimi alla pensione, mamme di famiglia, persone monoreddito per le quali lo stipendio è di vitale importanza. «Dovrei andare in pensione tra due anni – racconta Fiorella Cillo, che lavorava al “Maina” come cuoca – per cui la mobilità mi accompagnerebbe alla pensione. Peccato che non sto percependo un euro di indennità».
«A me, invece, mancano 13 anni alla pensione – sottolinea l’operatrice socio-sanitaria Monica Pisanu – per cui nel mio caso le esigenze pressanti sono due: l’assegno di mobilità e un posto di lavoro. Noi siamo vincitori di concorso pubblico e, in mobilità, abbiamo diritto a ricevere le offerte di lavoro di altri Enti. Peccato che sulla piattaforma dedicata ne siano comparse soltanto due, peraltro in località molto lontane».
A questo proposito interviene la collega Diop Asida Faye: «Il posto di lavoro deve essere messo a disposizione ad una distanza accettabile, non ai confini con la Svizzera come già capitato. Anche perché un lungo tragitto in auto comporterebbe un rischio, dato che svolgiamo turni anche di notte, e per molti l’obbligo di acquistare una nuova automobile».
D’accordo su questo punto Concetta Di Carlo, mentre Monica Pisanu ricorda i sacrifici affrontati durante la pandemia. «Stiamo solo chiedendo che vengano garantiti i nostri diritti. Noi abbiamo sempre lavorato e, durante l’emergenza sanitaria, ci siamo dedicati solo al lavoro, stando lontano dalle nostre famiglie per non correre rischi, senza peraltro sapere bene a cosa stavamo andando incontro. Ecco, questo trattamento è la ricompensa dopo tanti sacrifici».

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