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Il rovello del viticultore: «Tu che viviad Asti perché l’Asti non lo fai?»
Economia

Il rovello del viticultore: «Tu che vivi
ad Asti perché l’Asti non lo fai?»

Riunione un po’ strana quella che ieri mattina ha visto il sindaco ricevere i coltivatori astigiani interessati all’estensione ad Asti della Docg del Moscato. Si continua, anche se i giochi

Riunione un po’ strana quella che ieri mattina ha visto il sindaco ricevere i coltivatori astigiani interessati all’estensione ad Asti della Docg del Moscato. Si continua, anche se i giochi sembrano ormai conclusi, a discutere su alcuni ettari che dovrebbero entrare nel disciplinare forse dimenticando che la vera battaglia è nei due miliardi di bottiglie di moscato che vengono prodotti in giro per il mondo e non certo nell’astigiano. «Parlo per la parte viticola della zona – esordisce Enrico Rovero – giornalmente mi confronto con chi mi chiede: “Ma tu che vivi ad Asti perché l’Asti non lo fai?” e sinceramente non so cosa rispondere. Ci barcameniamo con altri prodotti, abbiamo fatto crescere il Brachetto ma credo questo sia un problema della città di Asti. O cambiamo oppure Asti porti via il nome».

Presente all’incontro anche Raffaele Giugliano, presidente della commissione agricoltura, che ha però lasciato parlare i tecnici. «Bisogna prendere una decisione – spiega Massimo Forno di Confagricoltura – smettendo una battaglia di retroguardia. O Asti esce dall’Associazione, e ce ne sarebbero i motivi vista la presa di posizione degli altri comuni contro il capoluogo, oppure si va fino in fondo». Insomma l’interesse dei coltivatori per avere l’estensione della Docg è evidente. «Sono questioni che non si possono risolvere dall’oggi al domani – ha esordito il sindaco Fabrizio Brignolo – visto che ormai si è arrivati a una serie di rapporti estremamente tesi. La nostra amministrazione ha cercato di sviluppare accordi ma resta l’anomalia di una denominazione che ha Asti nel nome e ci vede fuori dalla zona di produzione».

Certo bisogna capire la posizione di chi si arrocca per delimitare la zona e che vede come il fumo negli occhi un eventuale allargamento. Ettari che comunque non potrebbero crescere in ogni caso visto che il blocco degli impianti da parte della Regione Piemonte è una delle poche certezze che accompagnerà i moscatisti almeno sino al 2020. Il sindaco ha poi chiarito come il Comune «non sia mai entrato, per scelta, in nessuna azione giudiziaria anche ai tempi della giunta Voglino. Il rischio – ha concluso Brignolo – è per l’intero settore. Non essendo inclusa Asti nella zona di produzione ci possono essere problemi a conservare la denominazione. Anche su questo abbiamo sempre deciso di mantenere la  logica del doppio binario analizzando la situazione con le categorie».

L’interesse dei coltivatori astigiani non è quello di avere solo un riconoscimento simbolico anche se va detto che questa sembra una battaglia definita dopo la trasmissione del decreto a Bruxelles. Non del tutto persa comunque la giornata visto che almeno è emerso il numero dei produttori interessati che è limitato ma non trascurabile dato che ci sono viticultori a San Marzanotto (7), Variglie (6), Portacomaro Stazione (2) oltre al convitato di pietra Zonin. Il tutto per una cinquantina di ettari mal contati. «Non ci piace molto la logica del doppio binario – conclude scherzando Mariangela Cotto che ha voluto l’incontro – visto che in questo periodo le linee ferroviarie ce le tolgono. Lo dice lo statuto del comune che bisogna promuovere lo sviluppo economico. Io provo a farlo, spero che lo facciano tutti». Quale poi sia il vero interesse locale questo a noi in questo momento sfugge.

Lodovico Pavese

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