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Economia
Intervento

«Poste Italiane, se aumenta la privatizzazione servizi a rischio»

A lanciare l’allarme il sindacato Slp Cisl: «Preoccupati per gli uffici nei piccoli centri»

Un percorso di mobilitazione contro il rafforzamento della privatizzazione di Poste Italiane, che culminerà con una manifestazione nazionale.
Ad organizzarlo la Slp Cisl unitariamente ai sindacati di categoria di Cgil e Uil. La prima tappa prevederà assemblee nei luoghi di lavoro e, il 18 maggio, una manifestazione regionale a Torino.
Ad annunciarlo Beta Trajkova, segretaria Slp Cisl Asti, il sindacato di maggioranza in Poste Italiane nell’Astigiano.
«Siamo molto preoccupati – spiega – perché la più grande azienda di servizi del nostro Paese, che ricopre anche un’importante funzione sociale, è destinata a rafforzare la componente privata. Attualmente, infatti, la proprietà è divisa tra investitori privati (individuali e istituzionali), che detengono il 35% circa delle azioni, Cassa depositi e prestiti (35%) e Ministero dell’economia e delle finanze (29,26%). Il fatto è che ora, dopo il via libera da parte delle Commissioni Trasporti e Bilancio, arriverà in Parlamento il decreto per privatizzare fino al 29,26% del totale, pari appunto alla quota del Ministero. Con una presenza più massiccia dei privati, però, si rischia il taglio o un forte ridimensionamento di numerosi uffici postali, con gravi ricadute sui servizi, in particolare nei piccoli centri, dove è già stata attuata una significativa riduzione degli sportelli bancari. Non esiste, infatti, azienda privata che non intenda massimizzare i profitti riducendo i costi. Ci chiediamo, quindi, quale sarà la sorte degli uffici postali che garantiscono una presenza sul territorio, ma effettuano poche operazioni al giorno».

Gli uffici postali nell’Astigiano

Gli uffici postali in provincia di Asti sono 120, di cui 87 monodiretti, ovvero gestiti alla presenza di un solo impiegato, e vedono impegnati 220 dipendenti su un totale di 500 (numero che comprende anche chi lavora nel servizio di recapito).
«Già nel 2015, a seguito di una prima fase di privatizzazione – continua la sindacalista – gli uffici postali hanno subito chiusure o riduzioni d’orario con conseguente ridimensionamento del numero di lavoratori, sia addetti allo sportello che al recapito. Ora temiamo lo stesso effetto, considerando tra l’altro che ci sono ancora 16 uffici, sul totale degli 87 monodiretti, ancora aperti solo 3 giorni a settimana su 6, come nel periodo del Covid».
Trajkova sottolinea anche un altro effetto negativo della privatizzazione, questa volta per le casse dello Stato. «Cedendo le azioni – conclude – lo Stato guadagnerà in un primo momento, ma poi non incasserà più la consistente cedola annuale versata da Poste, scaturita dall’utile dell’azienda (pari a 1,9 miliardi di euro nel 2023), ma solo i dividendi che saranno divisi tra gli azionisti».

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