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Massimo Vacchetto, il predestinato della pallapugno

Ritratto di un campionissimo degli sport tradizionali, che ha già vinto ben undici titoli di assoluto livello

Essere un talento precoce e avvicinarsi al sole senza bruciarsi le ali si può. Si può anche cadere e tornare a volare, con l’umiltà di rimettere prima un passo dietro l’altro. Nel piccolo mondo antico della pallapugno Massimo Vacchetto è già stato tutto questo a soli 27 anni, ma potrebbe ancora essere molto di più. In uno sport di tradizione e cultura contadina si può infiammare gli sferisteri, bruciare le tappe e lo stesso scaldare il cuore delle persone per anni e anni. È il bello delle nicchie: ti regalano uno spazio tuo, da custodire e allargare, senza farti sentire gli occhi del mondo puntati addosso.
Massimo in questo mondo si sente a casa da sempre. Il 2020 senza trofei, asteriscato con la Superlega Fipap, gli ha lasciato qualche amarezza. Ora però tutte le energie sono proiettate al futuro: dopo aver già vinto molto, il passaggio da Castagnole Lanze a Cortemilia dà una mano a volere ancora di più.
Un anno complesso
Com’è stato il 2020 della pallapugno secondo Massimo Vacchetto?
«Non mi sono trovato d’accordo con le scelte della Federazione. Con l’emergenza Covid ho proposto di trattare la pallapugno come una disciplina individuale. Resto convinto che fosse la soluzione per salvaguardare di più i giocatori, invece la maggioranza ha preferito l’immagine. È rimasto un torneo di facciata, si può dire che si è giocato anche con la pandemia. Dal punto di vista federale può anche essere stato un successo, per me resta un anno con un grande asterisco di fianco».
A livello di preparazione e rapporti con le società ci sono state difficoltà?
«Nel mio caso la società è stata molto schietta fin da subito. Ci ha messo lo sferisterio a disposizione per gli allenamenti dicendoci “fin qui arriviamo, oltre no”. Siamo tutti semiprofessionisti, abbiamo anche percorsi paralleli alla pallapugno. Ho cercato di mantenere confidenza con il pallone e di restare in forma anche per me a livello personale, ma le logiche sono state molto diverse rispetto a quelle di un anno qualunque».

Luca Parena

Intervista completa nell’edizione di venerdì

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