Vasile Mogos, dall’Asti Calcio alla Nazionale romena
«Le scarpe possono renderti più elegante, ma a fare la differenza è quanto impegno e determinazione dimostri sul rettangolo di gioco. Solo con il cuore e la caparbietà si fa strada». Una legge non scritta del calcio interpretata a chiare lettere da uno dei migliori talenti sfornati dalla nostra città. Vasile Mogos, romeno di Vaslui cresciuto a San Damiano e sbocciato sportivamente con i galletti dell’Asti Calcio, è vicino a festeggiare le 100 presenze in Serie B con la maglia della Cremonese e ha già vestito da titolare la maglia della sua Nazionale a soli 27 anni. Un traguardo da dieci e lode, una famiglia quale costante riferimento, una fidanzata che lo supporta (e sopporta), ancora tanti sogni realizzabili e un traguardo, quello di giocare in Serie A, decisamente alla portata. Un personaggio schietto, diretto, un portento fisico capace di solcare la fascia destra come pochi, che ha mantenuto inalterati affetti e amicizie: in fondo, se esiste un segreto del suo successo, è proprio quello di essere rimasto lo stesso. Spensierato, caparbio, sincero, magnificamente semplice.
Vasile, come stai vivendo questo periodo di emergenza sanitaria?
«Sono tornato ad Asti a inizio marzo, vivo con la mia fidanzata Francesca e grazie a lei le giornate passano serene. Purtroppo non poter stare accanto alla mia famiglia non è facile, ma dobbiamo essere tutti coscienti che questo è un periodo decisamente critico e finché non rispetteremo tutti le regole che ci sono state imposte non riusciremo a superarlo. Francesca e mia sorella sono entrambe infermiere e sanno bene cosa significhi affrontare le difficoltà legate al COVID-19. Gli allenamenti potrebbero riprendere il 4 aprile, ma per ora è giusto dare priorità all’emergenza sanitaria».

Hai citato la famiglia: quanto è importante per te tornare ad Asti ogni anno a fine campionato?
«Avere dei riferimenti è fondamentale, per la mia carriera e la sfera personale. I miei genitori sono sempre stati al mio fianco compiendo grandi sacrifici, la mia fidanzata mi dà serenità ed equilibrio. Asti è la mia casa, lì ho gli amici di sempre con cui ogni anno a fine stagione festeggio il mio ritorno con una grigliata».
Facciamo un passo indietro, a ottobre 2019, quando è arrivata la pre-convocazione in Nazionale. Ci racconti come è andata?
«Ero a pranzo con Soddimo e Piccolo, due miei compagni. Mi è giunto un sms dal team manager della Romania che mi comunicava la convocazione in Nazionale e mi chiedeva quale volo avrei voluto prendere per recarmi a Bucarest. Ho aspettato un po’ a rispondere perchè mi pareva un sogno, dopo ho telefonato a mio fratello e a mio papà, che si è commosso. Gli ho detto “devi portarmi alle 7 del mattino a Bergamo a prendere l’aereo” e lui mi ha risposto “ti porterei anche a Parigi a piedi”. Una grande emozione, poi, il 15 novembre, quando alle 17 il mister mi ha comunicato che avrei giocato titolare contro la Svezia (match vinto 2-0 dai vichinghi, ndr). Cantare l’inno di fronte a 55000 persone, avere tutti i miei famigliari in tribuna mi ha fatto commuovere».

Restando in tema di famiglia, mi viene in mente una persona speciale per te, Remo Turello…
«Remo è un secondo padre, nutro una stima e un affetto infinito per lui, sua moglie e il figlio Daniele. Non scorderò mai tutto l’aiuto che mi ha dato, è stato il primo a credere in me. E’ nel mio cuore sempre, un riferimento».
Ad Asti hai vissuto anni stupendi, vincendo l’Eccellenza e arrivando secondo in D. Con mister Civeriati sei arrivato a occupare il ruolo di esterno dopo aver giocato per anni in mediana…
«Anni bellissimi, ero giovane, appena diciasettenne. La squadra forte, c’era Amedeo Celeste, con cui ho vissuto una bella esperienza al Torneo di Viareggio, che mi bacchettava in campo e al tempo stesso mi proteggeva, quasi da fratello maggiore. Per talento uno dei cinque calciatori più forti che ho avuto al mio fianco. La società cercava un terzino destro per la D, io, pur di giocare, avrei fatto anche il portiere, e l’esperimento ha funzionato. Ricordo ancora quando Civeriati mi disse che, se mi fossi impegnato, avrei avuto le carte giuste per sfondare».
Davide Chicarella
Intervista completa sull’edizione di martedì 24 marzo de La Nuova Provincia, consultabile anche nell’edizione digitale grazie all’abbonamento gratuito di due mesi