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Sport

Vittoria Fuser, gemma astigiana del salto a ostacoli nell’equitazione

La giovane atleta, figlia dell’ex Nazionale Diego, ci racconta nei dettagli la sua disciplina, che ha intrapreso poco prima dei dieci anni di età

Vittoria Fuser, gemma astigiana del salto a ostacoli nell’equitazione

«Un cavallo può dare in prestito al suo cavaliere la velocità e la forza che gli mancano; ma il cavaliere saggio non dimentica che si tratta soltanto di un prestito. Non un’ora di vita è sprecata quando è trascorsa in sella. Una galoppata è una cura per tutti i mali». L’equitazione è certamente uno sport di nicchia nel Bel Paese, che nasconde un fascino e un’eleganza innegabili. Il balzo di un cavallo, la poesia dei suoi movimenti sono gioia per gli occhi: il cavaliere, o l’amazzone, hanno il compito di rendere armoniosi e perfetti questi movimenti. Nel salto a ostacoli dell’equitazione a venire premiata è la perfezione: la capacità di compiere un percorso senza sbavature nel minor tempo possibile rispetto agli avversari. Per raggiungere l’obiettivo è fondamentale che il binomio tra l’atleta e il cavallo funzioni alla perfezione. Una sincronia e un’alchimia perfette, per rendere un’istantanea da copertina la danza dell’animale. Tra le grandi espressioni dell’equitazione nazionale figura certamente un’astigiana, Vittoria Fuser. Figlia d’arte (il papà Diego è stato calciatore della Nazionale e ha vinto la Champions League con il Milan), non ancora ventunenne, con all’orizzonte obiettivi prestigiosi, da coniugare con il percorso universitario da poco intrapreso.

Vittoria, come nasce la passione per l’equitazione?

«E’ nata quasi per caso, facendo una passeggiata con mia mamma Orietta. A Costigliole, vicino a casa, c’era un maneggio e abbiamo iniziato a praticare l’equitazione assieme. Mamma si accorse subito che non avevo affatto paura di salire in sella e da quel momento è iniziato il mio cammino nel settore».

Nella corsa a ostacoli, si ha la sensazione che sia fondamentale per ottenere risultati importanti disporre di un cavallo di grande abilità, ma al contempo di saperlo governare al meglio…

«Per raggiungere buoni risultati è fondamentale il binomio tra cavaliere/amazzone e cavallo. Direi che la percentuale è 60% cavallo e 40% cavaliere. Ho visto comunque cavalieri tanto bravi dal riuscire a ottenere risultati prestigiosi con animali non eccelsi, ma anche cavalli straordinari capaci di raggiungere grandi obiettivi con cavalieri di livello medio. Nel mio caso sono molto fortunata, perché la mia cavalla è straordinaria. A fare la differenza è poi il legame e la conoscenza reciproca che sussistono tra l’atleta e il cavallo».

Quanto ci si allena per competizioni come quelle che affronti tu?

«Occorre allenarsi tutti i giorni, con sessioni che vanno dai quaranta minuti all’ora, concedendo un giorno di riposo alla settimana al cavallo. Durante la giornata è però importante far uscire due o tre volte l’animale, per una passeggiata, andare in giostra o fare tapis roulant, perché esiste anche il tapis roulant per i cavalli. I maneggi ben attrezzati sono in grado di garantire questo tipo di trattamento».

Qual è il pregio che non deve mancare a un cavaliere o a un’amazzone?

«E’ fondamentale la freddezza. Occorre ricordare che sotto di noi c’è un animale che prova emozioni diverse rispetto alle nostre. I grandi cavalieri e le grandi amazzoni sono capaci di risolvere gli imprevisti che accadono nel corso di una gara, che è concentrata in pochi secondi».

Intervista completa nell’edizione di venerdì 4 dicembre 2020 del nostro giornale

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