Pubblico interessato ai Giardini Crova per la presentazione di “Io c’ero. Cinquantuno storie tra fascismo e liberazione” (Araba Fenice) a cura delle autrici Laura Nosenzo e Loredana Dova. Dopo il saluto del sindaco Simone Nosenzo, dell’assessore alla cultura Ausilia Quaglia e del consigliere provinciale Angelica Corino, ad avvicendarsi nel racconto sono stati alcuni dei testimoni le cui storie sono riportate nel libro. Dopo Luigi Garrone, Dino Laspisa e Flavio Pesce hanno rivelato aspetti inediti sui loro padri Francesco Laspisa, partigiano garibaldino con il nome di “Tempesta”, e Pietro Pesce, militare, prigioniero di guerra in un lager nazista.
Dai toni divertiti l’aneddoto del primo: «Sono stato concepito d’inverno, nel freddo di un casot, tra i filari coperti di neve, in uno di quei momenti d’amore mordi e fuggi che si concessero papà e mamma, Pierina Maria Sangalli. Era il gennaio del 1944, avevano tutti e due 23 anni. Il colpo di fulmine scoccò l’anno prima, fu una storia che, fin dall’inizio, a Incisa Scapaccino fece storcere il naso a qualcuno: c’era chi ce l’aveva con mio padre perché era bello, biondo e soprattutto siciliano». Più doloroso, invece, il ricordo di Pesce, il cui padre scelse di tacere ai figli l’esperienza drammatica della deportazione.