Le mani della ‘ndrangheta sul paese
Una delle attività principali della “locale” di Costigliole ed Asti era sicuramente l’estorsione e l’intimidazione nei confronti delle attività produttive e commerciali della zona cui imponevano un racket in perfetto stile ‘ndranghetista.
Tanti gli episodi che vengono contestati ad una parte dei 26 arrestati ieri mattina dai carabinieri durante l’Operazione Barbarossa condotta dalla Direzione Distrettuale antimafia di Torino; la loro lettura dà l’idea dell’intento del gruppo di famiglie di arrivare ad un completo controllo del territorio.
Soldi o assunzioni
Uno dei tanti imprenditori taglieggiati era stato avvicinato più di una volta e gli erano stati richiesti 2 mila euro. «Abbiamo parenti in galera, rimane la loro famiglia da mantenere e dobbiamo dargli una mano tutti. Tu sei un padre di famiglia, hai una bella casa, una bella macchina, sei un imprenditore….» è lo stralcio di una conversazione di richiesta del denaro. Con la minaccia di andare a chiedere i soldi all’anziano padre se non avesse pagato e ricordando che, poco prima, avevano sparato contro il bar del Peso. Alla reticenza dell’imprenditore, i due incaricati di riscuotere il pizzo avevano proposto di “aggiustarla” imponendo l’assunzione di un ragazzo e alla ulteriore resistenza della vittima la risposta è stata “o lo assumi tu o trovi qualcun altro che lo assuma”.
Il “pizzo” sul furto
In un altro caso, invece, alcuni affiliati, saputo di un furto perpetrato da un ladro di Costigliole senza il loro consenso, lo hanno avvicinato e gli hanno intimato di consegnare 2500 euro, la metà del valore stimato del furto visto che aveva rubato nella città da loro “controllata senza la loro preventiva autorizzazione”. Minacciandolo anche di morte perchè avevano subito un “danno di immagine”.
Imposto il licenziamento
Che in paese in molti sapessero della forza del sodalizio, è dimostrato anche dal fatto che una commerciante, titolare di un negozio di alimentari, si fosse rivolta ad uno Stambè per licenziare un suo dipendente. Non potendolo fare per vie legittime, pensava ad una soluzione “alternativa”. In cambio, offriva il posto rimasto vacante. E’ finita che il dipendente, “tramite minacce” si legge nell’ordinanza, si è davvero licenziato dal negozio e il suo posto è stato preso da un altro ragazzo.
Nel mirino anche grandi immobiliaristi astigiani
Nell’elenco delle vittime delle intimidazioni delle famiglie legate dal patto di sangue, anche un grande immobiliarista astigiano cui era stato imposto di affidare lavori edili e ristrutturazioni alla ditta di Vincenzo Emma, appena uscito dal carcere. Alla resistenza dell’impresario, lo hanno prima minacciato di “tirar giù qualsiasi cosa” da lui edificata e, in un’occasione successiva, hanno bloccato per strada l’uomo, mettendo la loro auto dietro alla sua e circondandolo in quattro. «Quelli che si comportano così, noi li mettiamo sotto terra» gli hanno detto, mimando il gesto di scavare una fossa nel terreno. La vittima non aveva ceduto ai ricatti e li aveva denunciati.
Mille euro al mese
Anche un’azienda agricola nel mirino del gruppo. Ad Agliano i suoi soci sono stati costretti a cedere una quota di ricavi, segnatamente mille euro al mese in cambio di una promessa “attività di protezione”.
Recupero crediti
C’era anche un tristemente efficiente servizio di recupero crediti all’interno dell’organizzazione.
Lo sanno bene due fratelli che dovevano 100 mila euro a Mauro Giacosa. Quest’ultimo si è rivolto agli Stambè che hanno affrontato i debitori intimando di consegnare loro i soldi altrimenti avrebbero spezzato le dita delle loro mani. In cambio ottennero 30 di quei 100 mila euro recuperati a titolo di “provvigione”.
Un’auto in pagamento
E’ quella data da un altro debitore che, oltre a dover pagare ogni due mesi la somma di 5 mila euro, si è trovato costretto a cedere anche l’auto della sua convivente poi volturata a nome della figlia di uno degli arrestati.
Racket anche sui morti
Un altro episodio contestato è quello che riguarda l’estorsione nei confronti dell’imprenditore che si era aggiudicato la gara d’appalto per la tumulazione delle salme presso i cimiteri di Costigliole e di Castagnole Lanze. Sono partiti da mille euro al mese per passare a 2500 euro dicendo che “dietro il cimitero di Costigliole c’erano loro e a Costigliole funziona così”. Le richieste venivano fatte sempre con minacce e violenze e in un’occasione lo hanno anche percosso violentemente.
Una modalità comune che avevano i “riscossori” del racket, era quello di far capire che non erano lì per conto loro, ma che erano spalleggiati dalle famiglie ‘ndranghetiste e quando gli imprenditori opponevano resistenza, loro portavano ad esempio le tante sparatorie avvenute nel giro di pochi mesi l’una dall’altra.