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Madre e figlio ucraini da turisti a profughi

Arrivati a Pino d’Asti per una visita al marito italiano di lei, in due giorni la loro terra è stata invasa e non possono tornare a casa

La serenità della vita fra le colline dell’Alto Astigiano non riesce a spegnere l’irrequietudine di Svetlana e Vlad, madre e figlio ucraini, arrivati in Italia domenica della scorsa settimana senza immaginare che, dopo due giorni, la loro patria sarebbe stata invasa dalla Russia.
Svetlana è la moglie del sindaco di Pino d’Asti, Aldo Marchisio, Vlad è suo figlio 21enne, in piena età di richiamo in veste di riservista. In Ucraina, infatti, possono essere chiamati o richiamati alle armi gli uomini fra i 18 e i 60 anni.
Doveva essere una delle varie visite per riunire la famiglia per qualche giorno, ma improvvisamente Svetlana e Vlad si sono sentiti degli sfollati.
In due giorni è stato chiuso lo spazio aereo sull’Ucraina e anche il trasporto ferroviario internazionale. Viaggiano solo i treni ucraini, gratuitamente, all’interno dei confini per ricongiungere le famiglie di chi lavora in un’altra parte del Paese.
Svetlana, c’è un modo per ritornare in Ucraina?
I confini rimangono aperti via terra, per i viaggi su gomma ma ci sono code lunghissime in ingresso e in uscita così gli autobus hanno deciso di non fare servizio. Ho cercato in tutti i modi un canale per rientrare a casa, ma non ci sono riuscita. Da una parte ci sono migliaia di ucraini che tentano di fuggire dalla guerra e dall’altra tanti patrioti che rientrano dai Paesi europei per andare a difendere la nostra terra.
Perché è così importante tornare a casa per voi?
Là vivono mia madre e mia nonna di 90 anni che è malata e non si muove da casa. Mi sono sempre occupata io di loro due e adesso come faranno, se io non posso rientrare? E poi c’è il mio negozio di alimentari da seguire, nella città di Novomirgorod in cui vivo. Non posso lasciarlo chiuso a lungo, vivo di quello.
Quali notizie ha da sua madre?
Il posto in cui viviamo è a circa 300 chilometri da Kiev e in questo momento i russi non sono ancora arrivati. Ma si sentono continuamente passare gli aerei da guerra e nel capoluogo di regione, a 60 chilometri, hanno già bombardato l’aeroporto.
Cosa è cambiato nella vita quotidiana?
C’è una grandissima paura, un’attesa per qualcosa che non si conosce. Speriamo che lì i russi non arrivino, ma in questo momento nessuno può dire cosa capiterà. Finora non ci sono state interruzioni di luce nè di gas nè delle telecomunicazioni però cominciano già a scarseggiare le forniture di cibo e nei supermercati mancano già tante cose.
Ora siete su fronti diversi, ma come era la convivenza con i russi che vivono in Ucraina?
Siamo sempre andati molto d’accordo, e continuiamo ad essere amici. Non ci sono mai state tensioni e loro stessi sono molto sorpresi e dispiaciuti di questa decisione di Putin. Molti di loro, inoltre, sono venuti a vivere in Ucraina proprio perchè non volevano più vivere in Russia da quando c’è lui. Non è cambiato nulla con loro: erano amici prima e continuano ad essere amici anche oggi. Ma noi ucraini siamo molto patrioti e combatteremo per salvare la nostra indipendenza.
Con lei Vlad, catapultato in Italia senza sapere quando potrà fare ritorno a casa. Continua a seguire le lezioni all’università on line ma il suo pensiero è tutto per gli amici che ha lasciato in patria.
Nella notte fra sabato e domenica, quando ancora le agenzie di stampa non avevano battuto l’attacco a Kharkiv, lui aveva su whatsapp già le immagini terribili del deposito di gas bombardato ed esploso. E’ la città in cui ha sede la sua università e in cui vivono molti amici.
Che gli mandano continuamente fotografie e informazioni di prima mano; molte di esse non filtrano dalle fonti di informazioni ufficiali.
Ci fa vedere le foto terribili che gli arrivano: corpi di soldati russi uccisi a Kiev, smembrati e dati alle fiamme. Ma anche case sventrate dai colpi e l’organizzazione della resistenza all’invasione.
In questa guerra inaspettata i social e la tecnologia concedono poco spazio alle bugie o alla propaganda.

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