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«Asl astigiana, mancano 100 medici e 150 infermieri»

Flash mob dei sindacati Cgil, Cisl e Uil, venerdì 21 aprile, per chiedere l’abbattimento delle liste di attesa e il potenziamento dei servizi territoriali domiciliari

Un flash mob per denunciare «la drammatica situazione in cui si trovano la sanità pubblica piemontese e astigiana, caratterizzate in primo luogo da lunghe liste di attesa a causa della carenza di personale».
E’ l’iniziativa, intitolata “Sanità astigiana – Basta parole”, organizzata dai sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil insieme alle categorie del Pubblico impiego e dei pensionati. In programma venerdì 21 aprile dalle 10 alle 14 presso la “piazza” dell’ospedale Cardinal Massaia, fa parte di una mobilitazione sul tema promossa dai sindacati a livello nazionale.

L’analisi dei sindacalisti

A spiegarne le ragioni, in conferenza stampa, il segretario generale provinciale Cgil Luca Quagliotti, il segretario generale aggiunto Cisl Alessandria-Asti Stefano Calella e alcuni sindacalisti di categoria: Pier Luigi Guerrini (Uil pensionati), Alessandro Delfino (Cisl Fp), Roberto Gabriele (Fp Cgil) e Dino Penso (Uil Fp).
«Stiamo assistendo – ha spiegato Quagliotti – ad un inesorabile arretramento del servizio sanitario pubblico a favore di quello privato. Basti pensare alla situazione in cui versa l’Asl astigiana: in base ai dati forniti dai nostri delegati interni mancano 100 medici, 150 infermieri e 100 operatori socio-sanitari, distribuiti in tutte le specialità. “Numeri” che determinano lunghe liste di attesa e una crescente sfiducia nel sistema pubblico a fronte di una presunta efficienza del sistema privato. Una sfiducia generalizzata. I concorsi per l’assunzione di personale, infatti, vanno deserti, sia perché i carichi di lavoro in molti ospedali stanno diventando troppo pesanti, sia, soprattutto, perché finora è stata fatta una programmazione sbagliata a partire dalle università. Per questo chiediamo che il “numero chiuso” per accedere alla facoltà di Medicina sia abolito, anche nella fase successiva relativa alle specialità».
«La pandemia – ha continuato – ci ha insegnato che abbiamo bisogno della sanità pubblica con un elevato tasso di prestazione, che non si può raggiungere con tagli al finanziamento o altri provvedimenti di natura opposta. Mi riferisco alla decisione di esternalizzare le prestazioni mediche di diversi reparti, tra cui il Pronto soccorso, e al piano di riorganizzazione presentato dall’Asl di Asti nei mesi scorsi, ora fermo in attesa dell’insediamento del nuovo direttore generale, che prevede alcune riduzioni di servizi, come il declassamento di Dermatologia da struttura operativa complessa a semplice, priva di primario. Al contrario, solo alzando il livello qualitativo dei reparti, e la relativa casistica, si riesce ad essere attrattivi nei confronti del personale medico e infermieristico».
A questo proposito Dino Penso ha citato la spesa che l’Italia destina alla sanità. «Se nel 2023 è pari al 7,1% del Prodotto interno lordo – ha precisato – il prossimo anno è stato annunciato che sarà del 6.9%, mentre nel 2025 del 6,4%, contro una media europea del 9%».

Le richieste

In occasione della mobilitazione del 21 aprile, quindi, i sindacati avanzeranno alcune richieste. «Innanzitutto – hanno annunciato Quagliotti e Calella – l’abbattimento delle liste di attesa attraverso la creazione di una task force di professionisti che operino nel sistema pubblico. Quindi l’aumento dei posti letto e la creazione, anche nella città di Asti, di posti letto per hospice, dato che la casa di riposo “Città di Asti”, per la quale erano stati autorizzati dalla Regione, è stata chiusa. E ancora, fra i vari punti, il potenziamento del pronto soccorso e dei servizi territoriali domiciliari, oltre alla definizione precisa di come verranno organizzati le case di comunità (ex case della salute), l’ospedale di comunità e l’ospedale della Valle Belbo. L’obiettivo è programmare l’attività sanitaria per evitare che queste strutture pubbliche finiscano ai privati».

Il futuro dell’ex Maternità

Il riferimento alle case di comunità interessa tutta la provincia, compresa l’ex Maternità. «Volutamente – ha spiegato Quagliotti – abbiamo convocato la conferenza stampa di fronte ad un luogo storico della sanità astigiana, chiuso da ben 17 anni. Ora, con i fondi del PNRR, dovrebbe finalmente essere riadattato. Vigileremo con attenzione».
Più ottimista Stefano Calella. «Abbiamo avuto rassicurazioni dai vertici Asl – ha assicurato – che la progettazione sta procedendo senza problemi. Il cantiere dovrebbe aprire nel 2024 per terminare nel 2026. All’interno troveranno posto una serie di servizi territoriali, tra cui la casa di comunità per la gestione delle cronicità, la Cot (Centrale operativa territoriale) per la presa in carico dei pazienti dopo le dimissioni dall’ospedale e l’ospedale di comunità, in appoggio al “Cardinal Massaia”, per la gestione della lungodegenza (attuale Cavs)».

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