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Attualità

Asti, parlano gli infermieri in prima linea: «Riabbracciamo i nostri figli solo quando l’esito del nostro tampone è negativo»

Toccante intervista a chi sta lavorando in corsia nel reparto Covid 2 del Cardinal Massaia

Le voci del reparto Covid 2 (ex Medicina A)

Sono in “trincea” ormai da due mesi. Li abbiamo chiamati eroi, angeli, superuomini e superdonne. Sono gli infermieri che lavorano negli ospedali, nei reparti dove sono ricoverati i pazienti Covid 19 e che ogni giorno fanno i conti con la devastazione di questa pandemia epocale.
Fra un turno e l’altro il gruppo di infermieri che presta servizio al reparto Covid 2 del Cardinal Massaja (ospitato all’ex Medicina A) ha accettato di rispondere ad alcune domande per restituire al di fuori delle mura dell’ospedale le battaglie che lì dentro si stanno combattendo.

Infermieri del reparto Covid 2 all’ospedale di Asti

Come state lavorando all’interno dei reparti Infettivi e Rianimazione? Riuscite a coprire tutti i turni o vi è carenza?

Nel nostro reparto di ex Medicina A (ora denominato reparto Covid 2) abbiamo ricevuto il supporto di colleghi provenienti da altre realtà in cui, vista l’emergenza, l’attività si è attenuta o interrotta (es. gli ambulatori). Questa mano, per fortuna, ma anche purtroppo, ci è servita molto in seguito alla presenza dei primi colleghi che dovevano essere sostituiti dopo essere risultati positivi al Covid-19.

Tornate tutti a casa alle vostre famiglie o è imposto per qualcuno di voi un isolamento volontario oppure semplicemente abitate troppo lontani e i turni sono troppo ravvicinati per tornare a casa?

L’Azienda Sanitaria ha messo a disposizione del personale sanitario un hotel di Asti, ma al momento nel nostro reparto stiamo riuscendo tutti a gestirci rimanendo nelle nostre case, anche se molti di noi (in via precauzionale) hanno scelto di isolarsi dai propri figli o parenti, interagendo con loro periodicamente solo tramite videochiamate per evitare ogni possibile rischio di contagio.

Come riuscite a mantenere i contatti con i vostri cari?

Dopo alcuni tamponi effettuati risultati negativi, diversi operatori sanitari sono riusciti a rivedere dopo tempo (anche se solo per un pomeriggio) i propri cari, prima di tornare il giorno seguente al lavoro ed isolarsi nuovamente da figli e parenti per evitare ogni rischio.

Da altre testimonianze si parla di infermieri e medici con i calli sul naso e sulle guance per le mascherine e di mani che si squamano per le ore passate con i guanti. Confermate anche voi?

Ovviamente non è facile lavorare ogni giorno utilizzando guanti, mascherine e gel disinfettanti. Per questo usiamo cerotti idrocolloidali per proteggerci dall’eventualità di lesioni sul viso dovute all’uso prolungato delle mascherine, mentre per evitare lo squamarsi delle mani dovuto all’uso quotidiano di guanti e gel idroalcolici usiamo apposite creme barriera.

Il vostro rapporto con i ricoverati come è visto che non possono ricevere visite dei parenti e sono isolati nelle loro camere?

I nostri pazienti del reparto Covid 2 (ex Medicina A) sono vigili. Inizialmente la nostra relazione con loro è stata un po’ limitata, soprattutto per la paura del contagio e per la nuova situazione in cui ci trovavamo. Inoltre inizialmente non conoscevamo i reali rischi del Covid-19 e non avevamo l’adeguata padronanza dei Dpi (dispositivi di protezione individuale). Gli stessi pazienti Covid facevano fatica a riconoscerci solamente dagli occhi, l’unica parte che rimane visibile una volta che abbiamo indossato tutti i Dpi. Ora, che conosciamo meglio il nostro nemico, ci rendiamo conto di quanto è importante la nostra relazione con i pazienti, soprattutto perché loro non hanno modo di incontrare parenti e familiari per diversi giorni.

Si tratta soprattutto di anziani, come riuscite a farli sentire meno soli?

Per cercare di aiutare i ricoverati scriviamo sui camici i nostri nomi e spesso molti di noi inseriscono frasi di speranza o divertenti che possano stappare un sorriso ai malati del reparto. Da anni, inoltre, per favorire il percorso di cura, nel nostro reparto abbiamo istituito alcune camere miste per situazioni in cui vi siano ricoverati contemporaneamente membri della stessa famiglia o parenti stretti.

Quali sono le cose che vi sentite ripetere di più dai pazienti ricoverati?

Dai pazienti riceviamo moltissimi riconoscimenti ogni giorno. Ci ringraziano per quanto facciamo e lo stesso avviene da parte dei parenti dei malati che ci telefonano in reparto in continuazione per sapere come stanno i loro cari e per ringraziarci per il nostro lavoro.
Anche noi spesso contattiamo le famiglie per comunicare le situazioni dei pazienti e per esprimere la nostra gratitudine per gli attestati di stima ricevuti.

Quale è la loro più grande paura?
E la vostra?

La nostra più grande paura è quella di infettarci e di infettare le nostre famiglie e i nostri cari. La più grande paura dei pazienti, invece, purtroppo è quella di non farcela.

Sentite vicina la solidarietà e l’ammirazione della popolazione per il vostro lavoro?

Per la prima volta sentiamo davvero la riconoscenza da parte della popolazione per quanto facciamo ogni giorno.
Questo però è un lavoro che noi svolgiamo da sempre, quello dell’assistenza a tutti i malati in un luogo in cui, purtroppo, molta gente muore e non solo nell’era del Covid-19.
Da quando è scoppiata l’emergenza Coronavirus abbiamo ricevuto tantissimi doni e regali dai cittadini astigiani, dalle associazioni e dai negozi e dai commercianti di Asti e provincia. Vogliamo ringraziare ognuno di loro per il pensiero e per l’affetto; ricordarli tutti sarebbe praticamente impossibile, ma permetteteci di dire un grande grazie alle donne e agli uomini del coro e della pro loco di Castiglione d’Asti, che da quando è iniziata l’emergenza ci hanno fatto avere in reparto ogni giorno diverse specialità culinarie per colazione, pranzo e cena.

Che spazio si ritaglia la vostra emotività nel lavoro di tutti i giorni a contatto con i contagiati?

L’emotività ricopre un ruolo fondamentale nella nostra quotidianità ed è inevitabile quando si ha a che fare con persone che potrebbero essere i nostri nonni, genitori o amici, sapendo che purtroppo devono restare isolati e soli tutto il giorno.
Tutto ciò ci trasmette inevitabilmente un senso di tristezza ed angoscia.

Avete qualche piccola storia che spicca fra le altre che si può pubblicare, ovviamente mantenendo privacy di tutti?

Tra gli episodi negativi, purtroppo, ricorderemo l’esperienza di una famiglia colpita da Coronavirus.
A pochi letti di distanza, una figlia ed una mamma si trovavano ricoverate nel nostro reparto.
Nel corso di una mattinata l’infermiera di turno ha dovuto constatare il decesso della signora più anziana e subito dopo passare in una delle stanze successive in cui era presente la figlia anche lei malata Covid, che con le poche forze a disposizione ha immediatamente chiesto alla nostra collega come stava la mamma ricoverata pochi letti più in là.
Comunicare alla figlia che lottava anch’essa contro il virus il lutto della madre, senza che questa potesse vederla o abbracciare per l’ultima volta (anche se a distanza di poche camere di ospedale) per noi e per l’infermiera è stato straziante. Un altro episodio, che spesso accade, è che i pazienti (o le famiglie) ci chiedano di effettuare videochiamate per salutare i propri cari.
Così grazie a smartphone o tablet cerchiamo di regalare un momento di gioia ed emozione ai pazienti e alle loro famiglie. Questo è l’unico modo in cui i malati Covid possono interagire con i parenti e molto spesso, purtroppo, è anche l’ultimo tramite per veicolare un saluto ai propri cari.

Ma vi sono anche storie belle…

Sì, ci sono alcune storie che ricordiamo in particolare in positivo.
Tra le storie belle vi è sicuramente la prima serata condivisa tutti insieme tra gli operatori del nostro reparto. Come sempre tra colleghi, quando il Covid-19 ancora non interessava la nostra vita, ci ritagliavamo uno spazio nel fine settimana per una cena o serata tutti insieme.
Questo, ovviamente, non è più stato possibile con lo scoppio della pandemia e dello stato di emergenza sanitaria.
Nonostante ciò, dopo le prime due intense settimane di emergenza Covid-19, tutti noi del reparto siamo riusciti a riunirci con una videochiamata online, passando un’allegra e simpatica serata in compagnia, cosa che ci ha permesso anche di ricaricare un po’ le batterie e staccarci dalla routine quotidiana.

Un momento di una riunione degli infermieri prima del turno

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