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Da Villafranca a Venezia in canoaL’avventura di due 18enni astigiani
Attualità

Da Villafranca a Venezia in canoa
L’avventura di due 18enni astigiani

Marco Magrini, di Villafranca e Andrea Nosenzo di Portacomaro Stazione, 18 anni appena compiuti, finite le lezioni al Monti sono partiti per un’avventura accarezzata da tempo: Villafranca-Venezia in

Marco Magrini, di Villafranca e Andrea Nosenzo di Portacomaro Stazione, 18 anni appena compiuti, finite le lezioni al Monti sono partiti per un’avventura accarezzata da tempo: Villafranca-Venezia in canoa lungo Triversa, Tanaro e Po. «Nessuno credeva che saremmo arrivati a Venezia – racconta Marco. Non eravamo mai andati in canoa prima». E invece dopo 11 giorni, tra racconti di pescatori, qualche puntura di zanzara (ma neanche troppe), un furto sventato, il brivido delle rapide e infiniti colpi di pagaia, il 27 giugno sono arrivati in laguna, dove si sono riposati un paio di giorni in campeggio prima di tornare ad Asti in treno accolti da genitori e amici.

Marco, quando è nata questa pazza idea?
L’idea ci è venuta in terza quando, nel corso di una conferenza nell’ambito della manifestazione “A Sud Di Nessun Nord” abbiamo conosciuto le avventure di Giacomo De Stefano con imbarcazioni auto-costruite sui fiumi di tutta Europa e ci siamo detti: “perché non partiamo anche noi per la nostra avventura?” Poi per un po’ non ci abbiamo più pensato perché ci sembrava impossibile, finché ai primi di giugno, chiacchierando con Angelo Benotto, villafranchese appassionato di fiumi e di natura, decidiamo di navigare il Triversa. Con il suo aiuto abbiamo comprato una canoa gonfiabile di seconda mano, i giubbotti salvagente e tutto il necessario per navigare un torrente largo 7 metri e profondo appena 20 centimetri. Per andare da Regione Crocetta di Villafranca a Tigliole ci abbiamo messo due giorni, l’abbiamo fatta praticamente a piedi. Ci siamo divertiti e da lì l’idea di fare qualche km sul Tanaro per fare pratica prima di partire per la grande avventura: 15 km da Motta di Costigliole al ponte di corso Savona da dove è iniziato il nostro viaggio verso Venezia il 16 giugno.

Non vi siete mai sentiti scoraggiati?
La sera del primo giorno, arrivati a Rivarolo sono andato un po’ in crisi e ho pensato: “ma chi ce lo fa fare? Perché?”, ero un po’ spaventato. Andrea invece è più spericolato. La partenza è stata dura. Il Tanaro è pieno di rapide e il 16, a causa delle piogge dei giorni precedenti, era davvero arrabbiato. Il primo giorno Angelo Benotto ci ha seguiti in macchina e ci ha guidato, facendoci uscire per superare prima la cascata all’altezza del mulino di Felizzano, due metri di dislivello impossibili da affrontare con il nostro equipaggiamento e poi di nuovo ad Alessandria, dove è stato rimosso un vecchio ponte ma dall’acqua affiorano ancora i basamenti dei pilastri.  Altro punto davvero critico è la confluenza tra il Tanaro e il Po, a 5 km da Rivarolo: è spaventosa, enorme, sembra un lago, non ti accorgi neanche dove finisce uno e inizia l’altro, vedi solo le acque limacciose del Tanaro che si mischiano a quelle più limpide del Po. Dopo Pavia invece tutto liscio e potevamo lasciarci trasportare dalla corrente tranquilla e goderci il silenzio interrotto solo dal verso degli uccelli. Bellissimo!

Come vi hanno accolto a Venezia? Sapevano del vostro arrivo?
Non avevamo nessun contatto. Dopo Cremona non si incontrano più grossi centri e quando arrivavamo la sera in qualche paesino, sporchi, con i nostri zaini pesanti ci guardavano un po’ dubbiosi. Una sera, avevamo finito il contante e in paese non c’era il bancomat, ma un ristoratore molto simpatico ci ha accolto entusiasta non appena gli abbiamo raccontato del nostro viaggio. La gente del fiume è stata fantastica, tutti molto ospitali, ci hanno anche regalato un salame. Abbiamo conosciuto pescatori, inventori di zattere e un gruppo di canoisti bergamaschi che arrivavano da Cremona con cui abbiamo fatto un pezzetto di viaggio.

Come vi siete organizzati con il bagaglio?
Abbiamo chiesto qualche consiglio al prof di educazione fisica e abbiamo pensato a cosa poteva servirci nella vita comune dal fornelletto ai piatti, abbiamo fatto scorta di cibo in scatola: mai mangiato tanti fagioli! Non avevamo pensato alla crema solare, poi l’abbiamo comprata. Niente pronto soccorso, solo qualche aspirina, per fortuna tutto bene e non ci siamo dimenticati il sapone biodegradabile per il bagno al fiume, trovare una doccia vera era praticamente impossibile! Siamo partiti con due grossi zaini, i sacchi a pelo e una tenda e ci siamo divisi i compiti: io sistemavo i bagagli prima di partire e cucinavo, Andrea lavava i piatti e montava la tenda la sera. Siamo stati “ospiti” del dehor di un bar, dei salesiani di Chioggia, di un golf club e di diversi imbarcaderi. L’importante era trovare un posto per ricaricare le batterie dei cellulari e per fare rifornimento d’acqua: sei litri al giorno in due. Il secondo giorno per poco non ci rubano uno degli zaini, ma per fortuna hanno desistito altrimenti saremmo dovuti rientrare.

C’è qualcosa che vi è mancato o che avete dimenticato di portarvi in viaggio?
Ci mancava la mamma che preparava la cena! Dopo dieci giorni ci sentiamo un po’ cresciuti, abbiamo davvero imparato ad arrangiarci.

Marzia Barosso

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