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Dalla Francia arriva l’annuncio: micorizzate con successo le querce da tartufo bianco

Si potrebbe arrivare presto a poter coltivare il prezioso tubero

La notizia non è di quelle che riempiono il cuore, a maggior ragione in questi tempi di pandemia che costringono al riposo (semi) forzato. Soprattutto perché riguarda uno dei prodotti tipici per eccellenza del Bel Paese, e del sud Piemonte in particolare: il tartufo bianco.

Rimbalza d’Oltralpe la voce che in Francia sono nate le prime piantagioni di tartufo bianco. Chi sosteneva che il prezioso tuber magnatum pico mai si sarebbe sviluppato, diciamo così, in cattività si deve ricredere. Ad annunciarlo un documento dell’Istituto di ricerca pubblica, sotto l’egida del ministero dell’Università e della Ricerca e del Ministero dell’agricoltura e della pesca che informa come <dopo nove anni di ricerca congiunta tra INRAE (Institut national de recherche pour l’agriculture, l’alimentation et l’environnement) e i vivai Robin, sono state possibili sul suolo francese le prime piantagioni di tartufo bianco finalizzate alla sua coltivazione>.

Il botto non è da poco. Secondo le informazioni filtrate a dar vita al progetto sarebbe un ricercatore, formatosi al Cnr di Torino, alla guida di un team che avrebbe micorizzato con successo le piante da tartufo bianco. Sperimentazione che va avanti da una decina d’anni e che avrebbe finalmente portato allo sviluppo di alcune trifole di qualità.

La pianta magica capace di stimolare la produzione del prezioso tubero sarebbe la roverella, specie di quercia tra le più diffuse in Italia e agente tartuficolo per eccellenza. Come raccontano dall’istituto francese alle radici dell’albero avrebbero legato l’apparato vegetativo del tartufo in alcune aree tra le regioni dell’Acquitania, Rodano-Alpi e Contea di Borgogna. Dopo otto anni la prima raccolta di tre tartufi, quattro lo scorso anno. Poco, ma il risultato racconta di un sipario che si apre su un mondo per molti versi ancora avvolto dal mistero.

Reazioni ufficiali, per ora, dal triangolo d’oro della raccolta del Tartufo Bianco d’Alba non ce ne sono, anche se qualcuno ad apprendere la notizia non ha storto più di tanto il naso. E neppure dalla cerchia dei trifola lo voci tacciono, come da costume. Eppure, se si arrivasse alla “coltivazione” del pregiato prodotto da grattata potrebbero incrinarsi tanti tabù. Il dibattito è aperto.

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