Il Consorzio dell’Asti a Canelli?
La notizia è di quelle destinate a far rumore, e non solo in campo enologico. Il Consorzio dell’Asti avrebbe in animo di trasferire a Canelli la sua sede operativa che attualmente è ad Isola. Già individuata la location: l’edificio che ha ospitato sino a fine Anni ’90 gli uffici dell’ex Riccadonna, in corso Libertà. Contatti tra i vertici dell’ente e la proprietà sarebbero in corso. Non è ancora chiaro se nel trasloco è compresa anche la sede di rappresentanza di piazza Roma, ad Asti.
Prime indiscrezioni a dicembre
Le prime indiscrezioni sull’operazione erano circolate all’inizio di dicembre, quando i “si dice” avevano acquisito consistenza non solo tra gli addetti ai lavori. Sempre, comunque, sommessamente, com’è tradizione in un mondo abituato a risolversi le proprie questioni all’interno senza troppi clamori.
Progetto del quale in municipio ne sanno più di quanto non vogliano dire. Il sindaco Paolo Lanzavecchia è sfuggente, e si trincera dietro il più classico dei «no comment».
Ridisegnare la geografia del Consorzio
Il riserbo, d’altronde, è comprensibile in una triangolazione che andrebbe a ridisegnare la geografia di uno dei consorzi più antichi e longevi d’Italia. Fondato nel 1932, oggi conta 174 tra aziende vitivinicole e case spumantiere e 4 mila produttori sparsi nei 52 comuni del Moscato tra le province di Asti, Cuneo e Alessandria che coltivano 9700 ettari di vigneto con 85 milioni di bottiglie di Asti, Moscato “tappo raso” e Asti Secco commercializzate. Mondo che cerca il rilancio con una “nuova stagione” fatta di piani di promozione e “brandizzazione” del territorio.
Miglior localizzazione logistica
Secondo alcuni la decisione, se verrà confermata, potrebbe ricondursi ad una miglior localizzazione logistica (i produttori e le maggiori case spumantiere hanno sede lungo l’asse della Valle Belbo) e, soprattutto, alla storia del Moscato docg e dell’Asti. Proprio a Canelli, nel 1865, nacque l’Asti Spumante grazie all’intuizione di Carlo Gancia mentre il Moscato Bianco di Canelli, internazionalmente riconosciuto, era già apprezzato sulle tavole degli antichi Romani. Canelli e le sue vigne, poi, nel 2014 sono entrati a far parte dei siti Unesco nel complesso dei Paesaggi vitivinicoli di Lange Roero e Monferrato in quanto area di produzione dell’Asti e core zone di riferimento.
Una storia tutta piemontese
Sul sito dell’ente, a questo proposito, si legge che «la storia del Consorzio è tutta piemontese e parte dalla città considerata capitale per eccellenza dello spumante: Canelli. È proprio nelle cantine canellesi che sono state sviluppate, giorno dopo giorno, con grande passione, le tecniche che permettono oggi di produrre uno spumante fine, delicato e inconfondibile come l’Asti Docg». Argomento sul quale Paolo Lanzavecchia si sbottona appena un po’. «Se così fosse, la scelta sarebbe più che condivisibile e obiettivamente coerente: qui è nato il Moscato che ha dato origine all’Asti, la nostra area è core zone Unesco proprio per l’Asti. Quale miglior luogo per il suo consorzio?».
Scelta ben vista
Scelta, si dice nell’ambiente, che sarebbe ben vista dalle major delle bollicine dolci e anche dai produttori dell’Alta Langa. Tanto che c’è già chi prefigura un doppio asse Asti-Alta Langa che (ri)proietterebbe Canelli come polo enologico internazionale.
In ultimo, ma non certamente per importanza, ci sono le ricadute economiche, delle quali ne beneficerebbero l’indotto, il commercio e i servizi.
Giovanni Vassallo