Molto conosciuto per il suo lungo impegno lavorativo nei carabinieri, Salvatore Puglisi è stato tra i primi a ufficializzare la candidatura a sindaco in vista delle prossime elezioni. Ha dato vita alla lista civica “Adesso Asti” ed entro metà aprile presenterà i candidati al Consiglio comunale.
Perché ha preso la decisione di candidarsi?
L’idea nasce a seguito del coinvolgimento di molte forze politiche che volevano “trascinarmi” per fare politica attiva. Dopo una riflessione ho pensato che, avendo lavorato per 37 anni al servizio della comunità astigiana, non sarebbe stato giusto schierarmi con un determinato colore politico. Da lì, confrontandomi con gli amici, ho deciso di correre da solo.
Tra i carabinieri com’è stata accolta questa notizia?
Ritengo di essere apprezzato nel mio ambito di lavoro, ma i miei colleghi sono rimasti un po’ stupiti. Mi hanno chiesto se dopo 42 anni non fossi ancora stanco di voler continuare a lavorare con lo stesso fine, anche se sotto due profili diversi. Poi ho spiegato loro che intendo continuare a lavorare per la comunità e devo dire che hanno apprezzato il mio progetto.
Nel suo programma elettorale si punta molto su sicurezza e decoro urbano, ma di solito sono proprio alcuni cittadini ad avere comportamenti poco rispettosi della città. Da carabiniere crede che siano necessari più repressione e controllo o più sensibilizzazione al rispetto dei beni comuni?
È fondamentale promuovere una campagna di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, ma anche creare degli spazi per i più giovani che sovente non hanno luoghi dove stare insieme. Le ulteriori telecamere che potrebbero servire dovrebbero essere usate solo per quella piccolissima parte di cittadini poco avvezzi al rispetto delle regole. Studiare l’uso di videocamere mimetizzate potrebbe costituire un deterrente, collocandole a campione dove ci sono abbandoni di rifiuti, mobili, etc. Poi, chiaramente, le sanzioni occorrono quando uno viene beccato sul fatto.
L’economia di questa città potrà essere rilanciata solo con il turismo oppure l’idea di convertirsi alla logistica, quindi al retroporto di Genova, ha una sua logica?
Che non si possa campare solo di turismo è vero, ma al momento il retroporto è solo sulla carta. Dobbiamo essere più concreti e ci sono organi politici regionali deputati a decidere su questa iniziativa. Pensiamo, invece, a quello che possiamo fare noi, qui ad Asti. Abbiamo risorse di arte e di cultura enogastronomica da valorizzare nell’ottica del turismo e magari iniziare a tagliare un po’ di spese che il Comune sostiene, pagando diversi uffici in affitto, per indirizzare quelle risorse su altro.
Ad esempio creare un Museo del Vino e del Tartufo nell’ex palazzina comando della Felizzano?
Partiamo dicendo che corso Alfieri è diviso in una zona di serie A e una di serie B, quella compresa tra piazza Alfieri e piazza I Maggio. In quest’ultima c’è un depauperamento evidente, vetrine vuote e molte neanche curate. Quella palazzina è comunque destinata a ospitare poli culturali, quindi penso che ci sarà qualche possibilità per poterla convertire in luogo di promozione di due nostre eccellenze. Ciò ridarebbe valore al secondo tratto di corso Alfieri e, per quanto riguarda i soldi, abbiamo un bel Consorzio dell’Asti e qualche altra azienda leader che potrebbero collaborare con il Comune il quale ci metterebbe i soldi risparmiati da affitti annuali, circa 200.000 euro, trasferendo uffici o altri servizi all’ex Enofila. Poi ci sarebbero le Fondazioni, ma sempre creando un volano per ricadute economiche e promozionali del territorio.
Secondo lei esisterà un modo per limitare l’uso dell’auto privata in centro, dove vogliamo portare i turisti?
Non credo che il servizio dei bus non funzioni, ma ovviamente si può revisionare. Oggi il servizio è commisurato alle esigenze e c’è chi si lamenta che le navette siano state eliminate dal centro. Però è necessario far cambiare la mentalità degli astigiani, con un’opera di sensibilizzazione e iniziando a dire che in qualche zona dovrebbero passare solo auto ibride, elettriche o Euro 6. Invece riusciamo a sprecare soldi con consulenze per dire che in piazza Cattedrale dobbiamo mettere una ZTL, magari allargandola di poche decine di metri così da risultare più bravi nelle classifiche di fine anno.
È favorevole a realizzare il collegamento sud/ovest, anche se solo con una corsia per senso di marcia? Sarà davvero utile fatto così?
Purtroppo ad oggi non si sa neanche cosa sia questa strada, lo vedremo entro dicembre con il progetto dell’ANAS. Ma fino a quando non vedrò il progetto non saprei giudicarlo. So solo che bisognerà analizzare costi/benefici e calcolare quanto traffico riuscirà a eliminare dalla città, che non potrà essere solo di un misero 5%.
Perché in questa città da anni non è stato creato un grande progetto trasversale che possa mettere tutti d’accordo?
Succede perché non c’è una convergenza di tutti, c’è il gioco delle parti ed è evidente che la mentalità astigiana porta chi governa a fermare molte iniziative di chi è venuto prima. Un atteggiamento che considero sbagliato visto i costi che comporta fare e disfare ogni pochi anni progetti anche validi. Vediamo l’ex ospedale che è fermo da anni: prima si diceva che era così a causa dei diversi colori politici tra l’amministrazione comunale e regionale, poi anche con lo stesso colore non è cambiato nulla.
Non sarà che Asti non abbia particolare peso fuori dalla sua stessa provincia?
È chiaro che il depauperamento industriale di Asti concorre a questo stallo, ma se non riusciamo a farla diventare una città vivibile, bella e invidiabile il peso non cambierà.
Alla fine senza lavoro non si va da nessuna parte. Che genere di opportunità lavorative dovrebbe incentivare Asti? Lei ha in programma un articolato sostegno alle start-up.
Sì, vorrei creare nell’ex Waya una serie di moduli di start-up, con agevolazioni per un tempo limitato, quindi non parliamo di assistenzialismo. Un’idea che potrebbe creare nuove opportunità di lavoro, soprattutto per i più giovani. Oltretutto è una zona vicina al centro e alla stazione ferroviaria.
Asti potrebbe anche attirare nuove famiglie e pendolari con Torino o Milano se non ci fossero così tante ferrovie sospese e quindi se fosse più interconnessa con gli altri territori.
I collegamenti con le metropoli sono un discorso da affrontare con la Regione, ma già un progetto interessante sarebbe una metropolitana leggera, locale, magari tra Serravalle e Portacomaro, passando dalla città, con una littorina elettrica sponsorizzata dal Consorzio Asti Spumante. Se non troviamo sponsor locali, possiamo anche cercarli in qualche Comune vicino.
Da carabiniere, avrebbe una soluzione per chiudere davvero il campo rom?
Al di là dei proclami, dovremmo vedere i progetti realizzati fino a oggi. Poi il confronto con i residenti nel campo è l’unica strada per riuscire a raggiungere un risultato, usando anche progetti inclusivi che però riguardano solo i più giovani, non gli anziani abitanti che sono molto radicati con quel modo di vivere. Chiudere il campo darebbe sfogo a nuovi insediamenti industriali che non vanno in via Guerra anche a causa delle presenza dei campi nomadi.