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Attualità
La storia

«Io, madre di una bambina arcobaleno»

La toccante testimonianza di una donna che è diventata mamma dopo due aborti spontanei. Le sue parole per aiutare le tante donne che stanno attraversando lo stesso dolore

Mamma.
Sono una mamma e biologa e questi due ruoli si intrecciano e combattono nella mia vita così fortemente.
Sono mamma di tre bimbi, Margherita e due angioletti che la proteggono.
La mia storia inizia tre anni fa, quando il test di gravidanza ha riempito di gioia me e mio marito in un caldo pomeriggio di giugno. A quel primo ne sono seguiti altri per non ammettere a me stessa che, in ogni caso, non sarebbe servito a nulla, la biologia avrebbe deciso per me, per noi.
E così è stato, dopo 6 settimane di nausee e svenimenti, tutti sintomi che avrebbero dovuto giustificare la gravidanza, il piccolo fagiolo aveva smesso di lottare per la vita. È stato un duro colpo, anche se sapevo che sarebbe potuto accadere. Ad infierire sul mio dolore è stata la ginecologa che mi seguiva e che, con davvero poco tatto, ha sottolineato come quella per lei fosse routine e io fossi sfortunata, affrettandosi per prenotarmi l’intervento.
Il mio primo intervento, nel reparto di ginecologia, al fianco di mamme che partorivano io perdevo per sempre il mio primo bimbo.
Ad un mese dall’operazione, durante il controllo ginecologico, sempre la stessa dottoressa mi comunica che, nuovamente per mia sfortuna, l’intervento non era stato fatto bene e avrei dovuto ripeterlo.
Io, appena ventiseienne, spaventata e davvero tanto triste decido di rivolgermi ad un altro medico e ad un altro ospedale.
Il dottor M. si è da subito dimostrato una persona sensibile accogliendo e ascoltando le mie paure, evitandomi un nuovo inutile intervento.
Poi il mio secondo test positivo. Il dottor M. mi consiglia riposo e qualche accortezza e, dopo un mese, vediamo il nostro secondo fagiolino con un bel cuoricino che batte forte. Gioia, paura e nausee per un altro mese e poi, all’ecografia per l’analisi della translucenza nucale, fatta nell’ospedale vicino a casa, lo stesso medico che mi aveva operata, con una pacca sulla spalla, mi dice: “Signora, la gravidanza si è arrestata due settimane fa, vuole un bicchier d’acqua? Andiamo subito insieme a prenotare il raschiamento.”
Io sola, perché in piena pandemia, esco dall’ospedale e con grande disperazione racconto tutto a mio marito, che ha dovuto subire il mio dolore, il dolore della nostra seconda perdita e il suo dolore in silenzio.
Vengo operata dal medico M. e, arrabbiata e in cerca di troppe risposte, chiedo di poter fare l’istologico sul materiale dell’operazione, mi viene negato: fino a tre aborti consecutivi non si indaga.
Il dottore mi rassicura che potrebbero volerci altre sconfitte ma che prima o poi avrei stretto tra le braccia il mio bambino.
Per mia testardaggine, con la consapevolezza che tante risposte la biologia può darle, e con l’aiuto di colleghe genetiste, convinco il dottor M. a fare tutte le indagini genetiche necessarie prima di riprovare a diventare mamma. Scopriamo essere tutto a posto e, a luglio 2020, dopo la mia prima camminata di 20 km in montagna, io veramente poco atletica, scopro di essere incinta.
Sono stati i nove mesi più difficili della mia vita, una gravidanza in pandemia, sola a tutte le visite, la paura che tutto potesse finire da un momento all’altro e la consapevolezza che non potevo, in nessun modo, difendere la vita che cresceva dentro di me.
E invece, Margherita da 13 mesi è qui con noi, con la sua mamma e il suo papà, ed è e sarà per sempre la gioia più grande della nostra vita.
Ci ho messo un po’ a trovare il coraggio, ma ho voluto raccontare la mia storia perché, nella solitudine del dolore che ci ha accompagnato per questi anni, nei nostri lutti silenziosi, ho cercato tante risposte in storie come la mia, e sono molto più comuni di quello che si pensa.
Perché è stato un dolore infinito ogni volta sentirci dire che eravamo giovani, che avremmo avuto tutto il tempo, che quando meno ce lo aspettavamo sarebbe arrivato.
Non è vero nulla, noi abbiamo sofferto e lottato per avere la nostra bimba arcobaleno qui con noi, ed il supporto emotivo e psicologico dei medici non è sempre stato presente.
Sono una biologa, e voglio che le risposte che la biologia sa dare vengano date. Sempre. Belle o brutte che siano.
Sono una mamma, dal mio primo test positivo, e ho raccontato la mia storia perché vorrei che le altre mamme che si rivedono, non si sentano mai in colpa perché “sfortunate”.
L’unica colpa che abbiamo è quella di avere un forte istinto materno.

Ambra Iannuzzi

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