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La parola all'Ordine degli Agronomi e dottori Forestali della Provincia
Attualità

La parola all'Ordine degli Agronomi e dottori Forestali della Provincia

Con la metodica dell’approccio scientifico, l’Ordine degli Agronomi e dottori Forestali della Provincia di Asti, ha girato per le colline costellate dalle frane a far foto per capire un po’

Con la metodica dell’approccio scientifico, l’Ordine degli Agronomi e dottori Forestali della Provincia di Asti, ha girato per le colline costellate dalle frane a far foto per capire un po’ meglio le ragioni del dissesto. E l’analisi delle immagini ha confermato che presenza (o meglio assenza) di piante e dissesto idrogeologico sono strettamente legati.

Della delegazione dell’Ordine hanno fatto parte il presidente Marco Devecchi, il suo vice Ernesto Doglio Cotto e l’architetto Vittorio Fiore dell’Aipin (associazione italiana per l’ingegneria naturalistica).
«Da ogni frana da noi verificata di persona – scrivono i professionisti in una nota – emerge con forza il ruolo straordinario della componente vegetale nella salvaguardia del territorio e della stessa rete stradale da fenomeni di dissesto. In particolare appare sorprendente l’azione consolidante delle radici».
Un esempio lampante ne è la foto scattata a San Martino Alfieri, sulla frana che si è staccata subito dopo il paese lungo la strada per Motta di Costigliole.

Fino a dove la strada è delimitata da un’alberata di tigli, non vi è alcun cedimento, mentre la terra è smottata nel tratto in cui non ci sono le piante. Il dissesto parte esattamente dopo l’ultimo tiglio. «Non si può non tener conto del ruolo attivo della vegetazione nel sostenere le sedi stradali – si legge ancora nelle note – Come si può quantificare il valore dei tigli che, con la loro presenza, hanno prevenuto, da sempre, il dissesto del territorio e la percorribilità della strada? Quanto costerà consolidare il fronte di frana e mettere in sicurezza la sede stradale? E, di contro, quale potrà mai essere invece il costo di prevenzione attiva da attuare con la messa a dimora di piante ed arbusti lungo le strade dei centri abitati e anche all’esterno dei concentrici per consolidare le scarpate?».

E qui, dopo aver verificare l’efficacia delle piante, si comincia a parlare di soldi. Già, perchè, quei 30 milioni di euro di conto stimati dalla Provincia per una sistemazione definitiva delle frane in corso è una cifra praticamente impossibile da ottenere. Dunque diventa importante percorrere soluzioni alternative che riducano sensibilmente questa stima di opere per ripristinare i danni in atto. «In ragione delle sempre più esigue risorse pubbliche – scrive il presidente dell’Ordine, Devecchi – bisogna affrontare il problema con un’ottica di gestione innovativa, intelligente, sostenibile e paesaggisticamente equilibrata. Prima di spendere un euro per un nuovo muro in cemento – avverte Devecchi – è fondamentale valutare tutte le possibilità alternative che, a parità di sicurezza e praticabilità, prevedano l’utilizzo delle piante e di sistemi di ingegneria naturalistica meno impattanti e meno costosi nel ripristino del territorio».

Come procedere?
Prima di tutto con una scrupolosa salvaguardia del patrimonio arboreo già presente lungo la rete stradale astigiana preesistente nel 1992, da ripulire definitivamente dall’”etichetta” di fuorilegge. Un patrimonio da manutenere, potare, accudire, seguire. Arbusti di biancospino, corniolo, sambuco, prugnolo e le comuni canne possono già rappresentare dei validi alleati nell’azione antierosiva delle scarpate e delle ripe. Riflessioni condivise dal sindaco di San Martino Alfieri, Andrea Gamba e dallo stesso consigliere con delega Angela Quaglia che ha annunciato la convocazione di un incontro operativo con ordini e categorie professionali interessate.

Daniela Peira

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