«Abbiamo di fronte una vera e propria emergenza. Stiamo infatti assistendo ad un aumento impressionante di casi di disagio adolescenziale che si manifesta nelle forme più diverse, dall’autolesionismo ai disturbi alimentari, fino all’ideazione suicidaria. E’ quindi necessario impegnarsi nella prevenzione».
A parlare è Gloria Fasano – psicologa e psicoterapeuta esperta in sostegno alla genitorialità, perito forense e presidente provinciale Unicef – che sabato scorso ha riproposto la conferenza “A-social”, tenuta lo scorso novembre proprio su questi temi, nell’ambito delle iniziative promosse da Unicef e istituto Alfieri.
Dottoressa, quali sono le ragioni dell’aumento del disagio?
Solitamente si attribuisce la colpa solo ai social network. Certo, assumono un ruolo fondamentale, ma non sono la ragione principale. I ragazzi, infatti, attraverso i social danno forma a problemi preesistenti legati a famiglia e società.
Ci spieghi…
A differenza del passato il disagio tra gli adolescenti si riscontra in famiglie ben inserite nella società, dove i genitori, apparentemente, non fanno mancare nulla ai figli e li seguono tantissimo. Il fatto è che, in realtà, sono genitori molto fragili che sentono il bisogno urgente di dare risposta alla loro fragilità entrando in competizione con altre famiglie per dimostrare che i loro figli sono migliori in tutto. I ragazzini si sentono così eccessivamente sollecitati dalle aspettative di papà e mamma, che non lasciano loro lo spazio per costruirsi la propria identità, anche sbagliando. Sono genitori, se riflettiamo, figli di una società competitiva, quella degli anni Ottanta e Novanta, che si è nutrita di modelli narcisistici e vincenti.
Poi ci sono motivazioni legate al contesto attuale.
Quali?
La società è permeata da un senso di profonda precarietà, per cui i ragazzi stessi si rendono conto che il futuro non è promettente. In tale contesto giocano un ruolo importante anche la letteratura, la filmografia e la musica, che vanno tutte nella direzione del neo-esistenzialismo, con una romanticizzazione della depressione e del malessere. E la produzione per i ragazzi non è da meno.
I libri e i contenuti sul web
Per quale motivo?
Prendiamo ad esempio le case editrici che pubblicano i libri dedicati alle fasce più giovani sulla base delle recensioni e delle opinioni dei BookTok, gruppi di ragazzi che recensiscono libri su TikTok. Si tratta di volumi in cui i protagonisti sono tutti caratterizzati da una vita molto travagliata, magari perché hanno subito violenze sessuali o hanno genitori altamente conflittuali, che vengono considerati e amati dai coetanei proprio in virtù di questo passato, e che poi, uniti dalla fatica esistenziale, riescono a salvarsi. Un modello che viene ripreso dai preadolescenti nella vita reale, tanto che molto spesso i ragazzini delle medie tengono acceso il telefono anche di notte per essere sempre reperibili verso amici che devono confidare loro difficoltà e problemi. Il disagio, quindi, diventa quasi la normalità. E, non trovando risposte negli adulti, i ragazzi si rivolgono agli amici o al web.
Affidarsi ad internet non è sicuramente la soluzione migliore…
Sul web gli adolescenti hanno a disposizione contenuti inadatti, rispetto a cui sono emotivamente impreparati. Non mi riferisco solo a violenza e pornografia, ma anche ai fatti di attualità. I problemi del mondo, dalla questione ambientale alla crisi economica, possono gettare nell’angoscia un adulto, figuriamoci un dodicenne. In sostanza, hanno accesso a tutto il materiale degli adulti, ma senza la maturità che consenta loro di contestualizzare e relativizzare i fatti, e quindi di inquadrarli con la gravità e l’importanza corrette. Anzi, come è tipico degli adolescenti, sono portati ad assolutizzarli.
I consigli per i genitori
Cosa possono fare i genitori?
Per evitare che i figli crescano fragili è bene che li lascino fare le esperienze di vita quotidiana adeguate alla loro età, senza sostituirsi a loro. Positivo è anche inserirli in contesti informali (l’uscita con gli amici, l’oratorio) in cui si organizzano in prima persona.
Quindi bisogna considerare la scuola un alleato nel percorso di crescita dei figli e, soprattutto, essere in grado di ascoltarli in modo attivo e non giudicante. Faccio un esempio: se un ragazzino racconta a casa, lamentandosi, di essere stato sgridato da un professore per aver risposto male ad un altro compagno, non bisogna chiudere il discorso dicendo solo che non si risponde male ai compagni. Bisogna lasciarlo esprimere raccogliendo tutti gli elementi della vicenda per aiutarlo a contestualizzare il fatto, in modo che si renda conto delle sue contraddizioni e capisca le varie motivazioni che hanno portato il docente ad agire in quel modo.
E’ importante, quindi, il dialogo diretto con ciascun figlio, così come la conversazione in famiglia a cena. Deve essere un’occasione per dialogare su quanto accaduto durante il giorno. Così da insegnare ai figli, con l’esempio, ad esprimere i propri vissuti, raccontando gioie e difficoltà della giornata e dando un nome alle emozioni, cosa che non sono più capaci di fare.
E riguardo all’uso del web?
La ricerca in corso di una università americana condotta su ragazzi tra i 10 e i 19 anni afferma che coloro che fruiscono di internet per cinque ore al giorno subiscono una modifica della struttura cerebrale che spiega molti problemi di comportamento attuali. Infatti, se aumenta la corteccia occipitale, che riguarda il coordinamento visuo-spaziale, vengono depotenziati i neuroni della parte frontale, deputati all’autocontrollo, alla pianificazione di progettazione e azioni e alla comunicazione attraverso il linguaggio. Tutte componenti che, se vengono meno, causano aggressività e ansia.
Inoltre internet è in grado di creare una vera e propria dipendenza: il piacere che provoca ai ragazzi cercare contenuti e sentirsi confermati dai follower libera le endorfine. Per questo, se un ragazzino trascorre troppe ore al giorno davanti ai monitor, non bisogna togliere improvvisamente tutte gli strumenti a sua disposizione, ma stabilire con lui dei patti educativi per ridurre gradualmente il tempo dedicato al web, che non dovrebbe superare le due ore al giorno, comprese le incombenze scolastiche. A questo proposito penso che la scuola dovrebbe riflettere sull’effettiva utilità di strumenti digitali, come il registro elettronico, che non aiutano a ridurre i tempi di accesso al web dei ragazzi.