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Attualità

La risposta alla fame di case
per ora è solo nel social housing

Asti ha il triste primato del numero di sfratti esecutivi per residente e solo pochi giorni fa un gruppo di famiglie in stato di necessità ha occupato un immobile vuoto ormai da decenni. Sul tema

Asti ha il triste primato del numero di sfratti esecutivi per residente e solo pochi giorni fa un gruppo di famiglie in stato di necessità ha occupato un immobile vuoto ormai da decenni. Sul tema abbiamo sentito l'assessore ai Servizi Sociali Piero Vercelli. Tra progetti, difficoltà, soldi che mancano, un passato con cui confrontarsi e qualche speranza.

Asti si ritrova ad avere oltre al già triste primato del numero di sfratti esecutivi, anche quello delle occupazioni.
Bisogna fare attenzione quando si ragiona su temi come quello delle occupazioni. Ci sono vincoli normativi e bisogna considerare con chi abbiamo a che fare e le conseguenze delle azioni. La Bossi Fini, per quanto sia indegna, è comunque ancora in vigore e per i migranti le conseguenze di un'occupazione possono essere gravi. Questo va tenuto in conto.
Facciamo il punto della situazione.
Il 10% della volumetria degli immobili ASL dovrebbe essere destinata ad alloggi a canone sociale. Occorrerà vedere il percorso dell'asta, che lascia però degli spiragli per la divisione in lotti. Certo, a meno che non arrivi il Rockfeller della situazione a comprare, il percorso è positivo. Se riuscissimo a chiudere in qualche modo un'altra esperienza di housing sociale faremmo un buon servizio alla città. Restituendo immobili vuoti con una destinazione valida dal punto di vista etico. Quello che credo occorra e che chiedo a tutte le categorie, sia quelle professionali sia alle imprese della città, è di lavorare assieme. Gli spazi sono vivi se vengono gestiti e se quando si fa pianificazione lo si fa tutti assieme. Gli ingegneri tanto quanto gli operatori del sociale.

Ma i soldi per le case popolari non ci sono e tanti non possono pagare un affitto. Che si fa?
I progetti ci sono, stanno andando avanti. Spero che in primavera si possano avere le prime buone notizie per l'immobile di corso Volta. Lo stesso mi auguro possa capitare con gli immobili Asl e magari proprio con l'ex Mutua di via Orfanotrofio. L'immobile ha le caratteristiche giuste per poter partire con un'operazione di housing. Anche lì però ci vuole un impegno collettivo di tutte le forze. Dovremo poi puntare su azioni operative sui fondi europei dove proveremo come Comune a mettere insieme una task force interna che si occupi solo di reperire fondi.
Solo un problema di case o anche di persone?
Sugli immobili vale lo stesso discorso che si fa con le persone. L'abbandono produce degrado. Siamo obbligati al cambiamento, noi per primi come operatori pubblici. Le logiche devono essere diverse. Non ci dobbiamo palleggiare il problema. Mi occupo di persone, non di numeri o di case. Ad oggi e non voglio nemmeno fare il discorso delle risorse che non ci sono, ma l'unica soluzione può essere quella del social housing e poi provare a far ripartire il lavoro. Con quello ci si pagano gli affitti. E lo dico dopo aver fatto personalmente anni fa un'occupazione simbolica in piazza Roma. Perché penso che il vero problema siano gli immobili vuoti.

Lei viene dall'esperienza del Coordinamento Asti Est come sono i rapporti?
Una parte del mio impegno è nato lì e come dicevo io stesso ho occupato un immobile. Ma come gesto simbolico. La nostra amministrazione ha un atteggiamento diverso rispetto al passato, forse questo ci dovrebbe essere riconosciuto. Certo le occupazioni non possono diventare dei centri sociali. E' il lavoro che va creato per dare possibilità alle persone di pagarsi un affitto.
E c'è anche chi ha proposto di prevedere una tassa di scopo per costituire un fondo di garanzia.
Va vista con attenzione. Sono possibilista ma occorre valutare nel dettaglio le situazioni. Non si può applicare in modo uniforme su tutti e di tasse da pagare forse ce ne sono già troppe. Ma potrebbe essere una strada.

Lodovico Pavese

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