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Le idee sono state sostituite dagli interessi
Attualità

Le idee sono state sostituite dagli interessi

Oggi molti si domandano come e perché una città che nel 1993/94 era 14° in Italia per la qualità della vita, 2° per i servizi ai cittadini, 27° per il PIL pro capite, sia scesa costantemente

Oggi molti si domandano come e perché una città che nel 1993/94 era 14° in Italia per la qualità della vita, 2° per i servizi ai cittadini, 27° per il PIL pro capite, sia scesa costantemente fino a raggiungere alcuni record negativi. Su 107 province italiane è la peggiore per il numero di furti, è 100° per numero di giovani laureati, 96° per le presenze turistiche, penultima nel Nord Italia per il Pil pro capite ed è stata la 3° città più inquinata d'Italia. Oggi molti si chiedono perché Asti non abbia cose necessarie ed elementari presenti in tutte le città d'Europa, come le tangenziali per scaricare fuori il traffico ed una vera isola pedonale.

Perché ad Asti 20 anni e tanti soldi non sono bastati per restaurare un alloggio, la sede del Centro Studi Alfieriani? Perché abbiamo sempre meno servizi e collegamenti ferroviari, mentre ci spogliano della Provincia, della Camera di Commercio, dei reparti ospedalieri ed altro ancora? Perché per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti siamo la 5° città più cara d'Italia? Come mai abbiamo tanti contenitori vuoti e in sfacelo e altri, restaurati (l'ex Caserma dei Vigili Urbani) restano vuoti mentre enti pubblici affittano da privati? L'industria e i commerci chiudono, ma non nascono nuove imprese e la nostra città è tra le ultime per numero di nuove start up! Sono stati spesi circa 20 milioni di euro per costruire l'Enofila e la usano 10 giorni all'anno, perché non sanno e non hanno mai saputo cosa farne.

Hanno fatto tanti, troppi musei senza visitatori, piste ciclabili senza neanche una bicicletta, strane rotonde e ombrelloni fissi e folli in Piazza Statuto. La bella sede universitaria duplica (salvo enologia) corsi esistenti a Torino ed Alessandria e costa ben oltre 2 milioni di euro all'anno, senza alcuna ricaduta sulla città. Che dire di Villa Badoglio, nobile edificio dominante la città restaurato più volte con progetti di utilizzo fantasiosi, costata milioni ed ora abbandonata, vuota, in attesa di un compratore? L'elenco può continuare e genera una domanda spontanea: come è stato possibile? La risposta più semplice e banale consiste nel dare la colpa alla politica, già, ma quale?

Negli ultimi 40 anni si sono sempre alternate destra e sinistra, quest'ultima ha governato 3 o 4 anni in più, ma ovviamente colpe e meriti vanno suddivisi. Se la colpa non è dei partiti sarà degli uomini? Alcuni astigiani (Cotto, Riccio, Galvagno etc.) hanno incolpato una lobby non meglio definita di tenere tutto immobile. Credo che altre siano le possibili spiegazioni di questa decadenza. Asti ha perso con gli anni, lentamente, la sua identità culturale oltre che estetica ed urbanistica, ha perduto il volto insieme all'anima. Cresciuta dagli anni ?60/'70 con una espansione governata solo dalla speculazione, ha aggredito anche il centro storico, sgretolando il clima medievale, l'anima più profonda della città. Questa crescita è riuscita a coniugare il brutto e l'inutile, per cui abbiamo 2000 alloggi vuoti e la città sfregiata.

Contemporaneamente sono scomparse le élites produttive, politiche e culturali, sostituite man mano da gruppi organizzati di vario genere. L'alleanza che fa crescere le comunità nasce tra cittadini capaci, produttori e politici con spirito di servizio. Gli intellettuali, anche solo sospetti, sono stati espulsi dal sistema astigiano, perché considerati svagati perditempo, acchiappafarfalle. In effetti sono stati coloro che avevano il ?senso pratico', quelli con ?i piedi per terra', che hanno realizzato cose come l'Enofila, il Movicentro etc etc. Del resto guardiamo chi sono gli amministratori di enti squisitamente culturali come Palazzo Mazzetti, l'Università, la Biblioteca: persone disponibili e non retribuite. Chissà perché?

Gli amministratori di Aurum et Purpura o di Laetitia Vini, quelli delle banche o dei vari enti derivati sono pagati. Pensate, pagavano perfino i membri del ?Consorzio per la Monta Equina', dopo che i cavalli erano scomparsi da decenni, ma non, ripeto, non, gli enti culturali. E' significativo? Fino a qualche tempo fa il fermento, il conflitto, la spinta delle idee era presente in città, assicurata da giornalisti colti, intellettuali, politici veri, industriali capaci, che si incontravano nei bar, nelle gallerie d'arte, nelle librerie: tutti luoghi che vanno scomparendo con i loro frequentatori. Così le idee sono state a poco a poco sostituite dagli interessi. La raccomandazione è prevalsa sul merito, la fedeltà al politico sul curriculum, la disponibilità a cambiare partito per interesse sui principi.

Al posto del dibattito oggi regna il pettegolezzo e trionfano i gruppi organizzati e settoriali, le associazioni e le categorie con i loro presidenti, associati, amici e i loro pacchetti di voti da scambiare con i politici per incarichi o favori. Sono queste realtà che esprimono lo stile vagamente opaco, vischioso quando non scorretto che governa questa città. Tutte persone oneste, certamente, ma che hanno rinunciato da ormai troppo tempo ai progetti sociali, a una visione comunitaria dei problemi, non si schierano più a favore della ragione o della verità, ma soltanto della convenienza. La vera novità in politica è che nei partiti ormai tutti la pensano così ed anche la sinistra è diventata partecipe di questa decadenza. E' il partito che piace, della gente che conta, dei banchieri, degli attori, dei cantanti (anche di quelli con i soldi in Svizzera), dei sacerdoti progressisti, di chi vuol sentirsi dalla parte giusta.

Tranquillizza tutti: chi vuole un mondo migliore e chi vuole solo fare affari, esempio clamoroso lo hanno fornito le banche rosse negli ultimi giorni ed anni. Il popolo di sinistra, la base popolare ed operaia che dava forza alla crescita della nostra città anche negli anni lontani dei governi democristiani è evaporata, ridotta in piccole sacche di resistenza. Così anche le tradizioni popolari, l'immagine forte della città e la sua cultura sono traslate dal popolo alle manifestazioni pubbliche: non è la stessa cosa. Asti per fortuna è ancora una città sana e la realtà del privilegio e della raccomandazione non è scaduta nella disonestà, perciò proprio la politica potrebbe ancora fare un esame di coscienza e dare finalmente una lezione di civiltà e di spirito di servizio a questa città disorientata.

Perché questo accada bisogna favorire un grande cambiamento di uomini, di programmi, di speranze. Senza nuocere alla vecchia guardia che ha accompagnato questa lenta, lunga, triste decadenza, semplicemente augurando loro di godersi la meritata pensione.

Ottavio Coffano

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