Proviamo a capire cosa ne poensa del "gioco compulsivo" un esperto quale il caporedattore di Avvenire, ad Asti qualche tempo fa per affrontare proprio questo tipo di problematiche.
Proviamo a capire cosa ne poensa del "gioco compulsivo" un esperto quale il caporedattore di Avvenire, ad Asti qualche tempo fa per affrontare proprio questo tipo di problematiche.
"Stop! Un bel gioco dura poco" è il titolo di questo attuale convegno sulle dipendenze da gioco. Ai bambini, già durante la fase educativa, si insegna la moderazione al divertimento. Uno dei momenti più belli e puliti dell'infanzia, che continuano poi anche nell'età adulta, sono le sedute a tavolino per partite a carte con amici: "rubamazzetto", "scala 40", "scopone scientifico"? I più "arditi" si spingono sino al "Poker". Quando il gioco, da innocuo e sano momento di svago, si trasforma in dipendenza patologica e sul "tavolo verde" si puntano soldi veri?
«La differenza tra giocatore patologico e giocatore "border line" è molto sfumata. Infatti gli esperti stimano che in Italia ci siano oggi circa 800mila giocatori patologici, cioè bisognosi di cure, e almeno 2,5-3 milioni di giocatori "border line" che presentano rischi altissimi di cadere nella patologia. La differenza quindi è molto sfumata. E la stessa persona nella maggior parte dei casi non se ne rende conto perché la patologia si presenta in modo progressivo. Un bisogno di investire quote sempre maggiori nel "gratta e vinci", la tendenza a rimanere sempre più a lungo davanti alle slot dei bar oppure su internet? Più si gioca e più si perde. E visto che, statistiche alla mano, si perde nel 99,8% dei casi, il giocatore investe quote sempre maggiori nella vana speranza di riprendere quello che ha perso. Quando questo meccanismo diventa patologico la persona non riesce più a controllarlo. Scatta la compulsività e l'ossessione che allenta i controlli e fa perdere lucidità. Purtroppo questo avviene sempre più spesso».
Passando davanti a sale giochi cittadine, capita sovente di vedere uomini stanziati sulla porta e viene da domandarsi: "Come vivono queste persone? Che lavoro svolgono, se ce l'hanno?". Abbiamo l'impressione che molte di queste persone, "rapite" ed "impossessate" dal gioco forte, nascondono questa loro identità specialmente ai loro familiari. Chissà quanti nostri conoscenti si trovano in questa situazione. Qual è l'identikit di questi giocatori incalliti? Ci sono anche donne?
«Il giocatore patologico è solitamente maschio, tra i 35 e i 70 anni (pensionati che sperperano l'intera pensione). Solitamente di bassa scolarità e con altri problemi alle spalle. Si gioca per "integrare" uno stipendio che non basta mai o perché si è caduti nella disoccupazione. Si gioca per compensare la sofferenza di una situazione difficile dal punto di vista relazionale. Insomma, valgono per il gioco tutte quelle situazioni a rischio che sono alla base delle altre dipendenze (droga, alcol?). La crisi economica ha, da un lato ridotto le disponibilità dei giocatori, dall'altro accresciuto il numero dei potenziali giocatori patologici».
Ci sono giocatori e giocatori. Quelli del "gratta&vinci" quotidiano e quelli fissi seduti davanti a slot machine o che puntano alla roulette. Quando si può intuire che il gioco diventa pericoloso? Come e quando può una madre, una moglie, un figlio intervenire per aiutare il proprio familiare prima che sia troppo tardi? E a chi bisogna rivolgersi?
«Quando ci si accorge che un membro della propria famiglia è a rischio-azzardo, ci può rivolgere agli ambulatori dipendenza delle Asl oppure a uno psicologo privato. O ancora a una delle tante associazioni che stanno sorgendo per accompagnare e aiutare queste persone. Le iniziative che puntanoa combattere la cultura "sì slot" sono tante».
s.m.