Oggetto delle loro attenzioni persecutorie è per il 69,6% l’ex partner. Si rivolgono a persone che conoscono per il 28%, ma anche a sconosciuti per il 2,4%. Hanno un’età superiore alla loro vittima e le azioni di persecuzione, attraverso modalità che possono variare a seconda dei casi, si protraggono spesso per oltre un anno. Hanno nella maggioranza dei casi uno status sociale medio basso. È questo l’identikit dello stalker, sulla base di uno studio svolto in ambito astigiano, per la tesi di laurea in Psicologia discussa pochi giorni fa alla Facoltà di Torino dalla dottoressa Silvia Di Paola, giovane astigiana che si è laureata con la votazione
Oggetto delle loro attenzioni persecutorie è per il 69,6% l’ex partner. Si rivolgono a persone che conoscono per il 28%, ma anche a sconosciuti per il 2,4%. Hanno un’età superiore alla loro vittima e le azioni di persecuzione, attraverso modalità che possono variare a seconda dei casi, si protraggono spesso per oltre un anno. Hanno nella maggioranza dei casi uno status sociale medio basso. È questo l’identikit dello stalker, sulla base di uno studio svolto in ambito astigiano, per la tesi di laurea in Psicologia discussa pochi giorni fa alla Facoltà di Torino dalla dottoressa Silvia Di Paola, giovane astigiana che si è laureata con la votazione di 110 e lode in Psicologia del Lavoro e del Benessere nelle organizzazioni. «Mettono in atto comportamenti persecutori soprattutto gli uomini rispetto alle donne e lo fanno per gelosia, perché non si rassegnano alla fine di una relazione oppure perché vengono rifiutati dalla persona a cui hanno manifestato il loro interesse – spiega la dottoressa Di Paola – C’è poi in alcuni casi una differenziazione tra le modalità attuate per perseguitare la vittima da parte delle donne rispetto agli uomini». Sono stati analizzati in tale studio oltre 100 casi di stalking che hanno riguardato i territori di Asti e Alessandria, attraverso denunce e ammonimenti: un lavoro lungo e complesso, in particolare per ciò che ha riguardato la raccolta dei dati. Una casistica che mette in luce tutta la gravità del fenomeno dello stalking, lo stato di preoccupazione e di ansia che provoca, il senso di oppressione e di pericolo, gli stati di malessere a cui dà origine, quando la situazione non sfocia addirittura in episodi di aggressione e violenza fisica.
Così agisce lo stalker
Pedinamenti, appostamenti, messaggi dopo messaggi, al telefono o attraverso i social, minacce di aggressione fisica: questi i mezzi usati per perseguitare la propria vittima, da parte sia degli uomini sia delle donne. Ma quest’ultime sanno essere spesso assai subdole, cercando di colpire la persona perseguitata anche attraverso il pettegolezzo oppure messaggi inviati non solo all’ex, ma anche ai nuovi partner dell’ex. Nell’Astigiano l’85,6% delle vittime sono donne; uomini per il 14,4%. Gli stalkers sono per il 90,4% uomini e per il 9,6% donne. «Oltre che tra uomo e donna, si registrano anche atti di persecuzione che riguardano il legame di parentela tra padre e figlio», segnala la dottoressa Di Paola.
Le conseguenze per la vittima
«Nei casi analizzati su Asti, le conseguenze che scaturiscono da una situazione di stalking sono per lo più sintomi emotivi, quali ansia e paura», aggiunge. Mentre una più ampia letteratura registra conseguenze fisiche che arrivano ai disturbi intestinali, insonnia, variazioni dell’appetito, panico. Ma c’è poi tutta un’altra serie di conseguenze causate dal fenomeno dello stalking, che riguardano gli effetti negativi che si ripercuotono sulla sfera della propria vita privata. Situazioni che portano spesso a dover modificare le proprie abitudini quotidiane, mettendo a rischio il normale svolgimento delle proprie attività, da quelle di tipo personale a quelle lavorative. È facile immaginare ad esempio quel che può succedere sul luogo di lavoro o nella propria casa, nelle ore trascorse con il compagno o i figli, se si viene subissati di telefonate o messaggi, fino al punto di essere costretti a spegnere il telefono o a cambiare numero telefonico, con gli inconvenienti che ciò può comportare. Intrusioni che possono mettere a rischio il posto di lavoro e i rapporti familiari, in una spirale di disagio e paura da cui spesso non si riesce a trovare via di uscita. Gli stessi timori che possono insorgere nell’affrontare i propri spostamenti di routine, nella preoccupazione di trovarsi di fronte il proprio persecutore e di venire aggrediti verbalmente o peggio. Le conseguenze psicologiche nel dover modificare comportamenti e abitudini, sotto la pressione di una persecuzione, possono essere molto gravi. Un disagio che spesso si trascina per settimane e mesi, finché si trova la forza di chiedere aiuto, rivolgendosi alle forze dell’ordine e affidandosi a personale specializzato in tale tipo di reati. Si tratta di avvenimenti che non bisogna mai sottovalutare, per il malessere e le problematiche che portano nella propria vita e per le conseguenze più gravi che potrebbero originare.
Marta Martiner Testa