La sanità pubblica e le liste d’attesa, in particolare quelle gestite dall’Asl AT, tornano ad accendere il dibattito sui social, tramite i giornali, ma anche in Consiglio comunale. Il sistema sanitario nazionale si sta “privatizzando” all’americana, obbligando sempre più persone a ricorrere ai privati per visite ambulatoriali o specialistiche in tempi ragionevoli? Gli investimenti che la Regione ha previsto per l’Asl astigiana, utili ad accelerare l’erogazione delle prestazioni sanitarie, servono? E quanto influisce la presenza in città di più strutture private che possono subentrare alle mancanze del pubblico, chiaramente a pagamento, con “formule” che possono sembrare molto “appetibili”? Associazioni e politici denunciano una situazione non più tollerabile a causa delle attese e c’è chi rinuncia a farsi visitare, come ha raccontato una nostra lettrice. Ma i numeri cosa indicano?
Il report sui primi 9 mesi del 2023
Sul sito dell’Asl AT vengono regolarmente pubblicati, per questioni di trasparenza, i tempi medi effettivi di attesa per ciascuna tipologia di prestazione. L’ultimo report è aggiornato al 23 ottobre scorso e riporta tutte le prestazioni suddivise per classi: Urgente, da eseguire nel più breve tempo possibile e comunque entro 72 ore; Breve, da eseguire entro 10 giorni; Differibile, da eseguire entro 30 giorni per le visite e 60 per gli accertamenti diagnostici; Programmata, da eseguire entro 120 giorni. Guardando i numeri, nei primi 9 mesi del 2023 l’Asl AT ha garantito 3.948 visite cardiologiche di cui 351 urgenti con tempi medi di attesa di 1 giorno, 1.140 visite brevi con tempi di attesa di 7 giorni, 1.529 differibili con attese medie di 39 giorni e 928 visite programmate in circa 71 giorni.
Le visite dermatologiche sono state 5.980 di cui 431 urgenti in giornata, 1.811 brevi con un’attesa media di 7 giorni, 2.135 differibili erogate mediamente in 45 giorni e 1.603 programmate in 145 giorni. Passando alle visite fisiatriche, sono state 3.507 di cui 4 urgenti (1 giorno di attesa medio), 1.452 brevi (8 giorni d’attesa), 982 differibili (82 giorni d’attesa media) e 1.069 programmate (73 giorni d’attesa). Aumentano, invece, i giorni d’attesa per le visite oculistiche meno urgenti dal momento che nelle 2.419 prestazioni erogate se ne contano 224 urgenti (in media 1 giorno di attesa), 823 brevi (9 giorni d’attesa), 750 differibili (119 giorni d’attesa media rispetto ai 30 o 60 giorni previsti) e 622 prestazioni programmate (194 giorni di attesa media rispetto ai 120 giorni da protocollo).
Tra le prestazioni più richieste all’Asl AT ci sono le ecografie all’addome completo di cui 2.614 prestazioni effettuate nei primi 9 mesi dell’anno: 80 urgenti con un’attesa media di 2 giorni, 1.445 brevi effettuate in media dopo 8 giorni, 309 differibili ed effettuate in 116 giorni, oltre quanto previsto, e 780 programmate che si sono risolte mediamente dopo 144 giorni. Anche in quest’ultimo caso, oltre gli intervalli di tempo determinati.
Per quanto riguarda l’ecografia all’addome, l’Asl precisa che «le tempistiche previste per l’esame diagnostico in classe B, da eseguire entro 10 giorni, vengono garantite. Per quanto riguarda la classe D, entro 60 giorni, si sta assistendo a un incremento delle richieste che è in fase di analisi riguardo all’appropriatezza delle prescrizioni. In ogni caso l’azienda si è già attivata per ampliare considerevolmente l’offerta rinforzando l’attività presso il presidio di Nizza». In merito alla carenza di personale medico, l’Asl aggiunge che «tra la fine dell’anno e l’inizio del 2024 prenderanno servizio 6 nuovi medici: tre saranno impiegati in Chirurgia vascolare, anche per accelerare il recupero dei tempi d’attesa degli esami ecocolordoppler di cui c’è richiesta, e tre destinati all’Oncologia per il potenziamento sul territorio della presa in carico dei pazienti che necessitano di cure palliative».
Tempi “non ragionevoli”: si va dal privato gratis?
Le liste d’attesa sono un problema quando si deve effettuare una visita medica soprattutto nei casi di priorità differibili o programmate. All’Asl di Asti le prestazioni urgenti e brevi, come rimarcato dall’azienda, vengono effettuate nei tempi previsti. Ma esiste un’alternativa? C’è realmente, come sostiene qualcuno, la possibilità di poter ricorrere alla sanità privata, facendo pagare l’Asl di riferimento se i tempi di attesa non sono “ragionevoli”?
In realtà non è proprio così e non si conoscono casi accertati di soggetti che abbiano avuto accesso a questo tipo di prestazione. La normativa di riferimento esiste (Decreto Legislativo 29 aprile 1998, n. 124, art. 3, comma 13) e recita: “qualora l’attesa della prestazione richiesta si prolunghi oltre il termine fissato dal direttore generale ai sensi dei commi 10 e 11, l’assistito può chiedere che la prestazione venga resa nell’ambito dell’attività libero-professionale intramuraria, ponendo a carico dell’azienda sanitaria locale di appartenenza e dell’azienda sanitaria locale nel cui ambito è richiesta la prestazione, in misura eguale, la differenza tra la somma versata a titolo di partecipazione al costo della prestazione e l’effettivo costo di quest’ultima, sulla scorta delle tariffe vigenti”. Ma in realtà, come spiegano dalla Regione, «non esiste un atto o una procedura normata» perché gli Enti preposti hanno puntato sugli accordi con i privati (come quello siglato tra l’Asl AT e “Villa Igea” di Acqui Terme o il CDC), sul Cup regionale, sul potenziamento del personale e su altri interventi volti a velocizzare la programmazione delle visite.
In ogni caso si tratterebbe di prestazioni “intramoenia”, elargite in ospedale dai medici fuori dall’orario di lavoro, per le quali il ticket sarebbe comunque da pagare con l’integrazione della differenza da parte del sistema sanitario nazionale. Insomma, sfruttare la sanità privata facendo pagare la collettività sembra davvero un’impresa molto ardua.
Le attese accendono la querelle politica e c’è chi chiama in causa i privati
«Per effettuare un’ecografia dell’addome occorre aspettare sino ad agosto 2024, ma in alternativa la persona può rivolgersi alla sanità privata (pagando 97 euro) oppure “arrangiarsi” cercando, sul territorio regionale, un’alternativa pubblica che effettui l’esame in tempi ravvicinati». A denunciare l’ennesimo caso di lunghe attese all’ospedale di Asti è Roberto Gerbi, portavoce del Comitato Art 32.
«Un caso analogo: per una visita di controllo per insufficienza respiratoria cronica occorre aspettare fino a settembre 2024. Ma è un servizio pubblico, questo? – continua Gerbi – A che scopo si pagano fior di tasse e contributi per poi dover nuovamente pagare quando si ha la necessità di una prestazione?». E ancora: «Denunciamo che il servizio di Cup Regionale costringe spesso il paziente a effettuare spostamenti improbabili (Domodossola, ad esempio) che non tutti hanno la possibilità di permettersi, per i costi o il proprio stato di salute».
Alle parole di Gerbi fanno eco quelle del consigliere comunale di Uniti si può Mauro Bosia. «10 mesi per un’ecografia all’Asl di Asti – commenta – con l’alternativa di rivolgersi a una struttura privata, al costo di 97 euro, se non si vuole andare in luoghi “esotici” del Piemonte tramite il Cup regionale». Bosia ricorda, inoltre, che «il 30% degli italiani ha rinunciato alle cure pubbliche», ma che è anche difficile «stabilire le percentuali di coloro che si rivolgono al sistema privato e dei tanti che, per mancanza di denaro e per i tempi biblici del sistema pubblico a erogare le prestazioni, rinunciano a curarsi del tutto». Non manca poi l’affondo ai “soggetti privati” che erogano le prestazioni a pagamento.
«Compaiono negli spazi pubblicitari delle vie di Asti proposte di prestazioni sanitarie da parte di un soggetto privato (CDS ndr) a prezzi che lasciano stupiti e perplessi chiunque abbia una minima conoscenza della sanità, delle tecnologie che la supportano, dei tempi necessari a ogni singola prestazione di qualità. Ci si chiede – sottolinea Bosia – se siano arrivati nuovi benefattori, nuovi filantropi innamorati della città e degli astigiani». Anche il consigliere del Movimento Cinque Stelle, Massimo Cerruti, interviene sulla sanità, ma da un altro punto di vista.
«Occorre porre uno stop alla fuga delle professionalità che si sta verificando sempre più spesso all’interno degli ospedali e delle strutture pubbliche: vanno create le condizioni affinché i migliori infermieri e i medici più esperti e qualificati in ciascun ramo rimangano a disposizione di tutti. Costringerli, invece, – conclude il pentastellato – ad andarsene per poi richiamarli in emergenza come consulenti, pagandoli il triplo, è un giro vizioso che crea danno economico alle casse dello Stato e una inefficienza per i pazienti».
Casa della Salute: «Ecco come abbattiamo i costi delle visite con un’offerta di qualità»
Il dibattito astigiano sulle liste d’attesa ha chiamato in causa il nuovo poliambulatorio CdS di corso don Minzoni 61 inaugurato all’inizio dell’estate. Alla Casa della Salute è possibile effettuare trattamenti di odontoiatria, esami di diagnostica per immagine e visite specialistiche in differenti ambiti a prezzi concorrenziali. È filantropia o un metodo gestionale innovativo che permette davvero di calmierare così i costi delle visite specialistiche?
«CdS ha portato anche ad Asti il proprio modello di sanità che coniuga l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia a tempi di attesa brevi e personale medico di grande esperienza al fine di offrire un servizio integrato, accessibile e in grado di mettere al centro il benessere del paziente nella sua totalità» rispondono dalla sede centrale interpellata sul caso. Dalla data di apertura, il 26 luglio scorso, al 31 ottobre, le prestazioni più richieste alla CdS di Asti sono state quelle di Diagnostica per immagine e di Cardiologia con un tempo di attesa medio di 3-5 giorni. Per l’amministratore delegato e fondatore della CdS, Marco Fertonani, c’è molto altro che spiega la formula vincente della Casa della Salute.
«Siamo presenti ad Asti da poco più di tre mesi, ma possiamo già stilare un bilancio positivo della nostra presenza in città e dell’accoglienza dei cittadini. Anche qui abbiamo portato quello che, ormai da 10 anni, rappresenta lo standard di CdS: tempi di attesa ridotti, alta qualità diagnostica, costi accessibili e una proposta integrata di servizi». Tutto questo partendo dalle tecnologie usate per le diagnosi.
«Grazie all’utilizzo di tecnologie di ultima generazione siamo in grado di abbattere i tempi di attesa, che oggi si attestano su una media di 3-5 giorni per una Risonanza Magnetica o per una Ecografia all’addome completo. – continua Fertonani – L’innovazione, storicamente, fa parte del nostro Dna. Si tratta dell’elemento che guida i nostri processi gestionali in ogni aspetto: dal lato user experience fino all’ottimizzazione dei consumi e al miglioramento delle performance e della sicurezza sia per il personale di struttura sia per i pazienti. Ad esempio, abbiamo efficientato il percorso di accettazione, snellendolo, e creato un team interno in ambito IT, digital e business analysis al fine di centralizzare la gestione delle nostre infrastrutture e ottimizzarla. Inoltre, ci impegniamo a rinnovare il nostro parco macchinari in modo continuativo, garantendo una età anagrafiche delle strumentazioni pari a 3-5 anni. Tutto questo ci permette di standardizzare e migliorare i nostri processi, mantenendoci conformi alle linee guida in ambito sanitario e al tempo stesso riducendo sensibilmente i tempi di attesa. Questo, ovviamente, ha una ricaduta anche sul costo delle nostre prestazioni che, quindi, restano economicamente accessibili».
Ma tutta questa “ottimizzazione” può non garantire standard di qualità dei servizi offerti o sono accuse del tutto infondate? «Velocità e accessibilità per noi non si traducono con bassa qualità. Il benessere del paziente resta il nostro focus principale e in questo senso ci impegniamo a coinvolgere anche professionisti di alto livello e già attivi nei territori nei quali ci inseriamo». E sul rapporto tra pubblico e privato, Fertonani non ha dubbi: «Non credo si debba fare alcuna distinzione. Parliamo di Sanità, dovremmo tendere a un modello che abbia al centro il benessere del paziente e dove ci sia collaborazione e sinergia tra tutti i partner in gioco».
2 risposte
Per le emergenze l’ospedale di Asti è un’eccellenza.
Infermieri e medici stupendi.
Le liste di attesa certo possono diventare lunghe …
mah, tutte queste tasse pagate…