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Salute mentale, i danni della pandemia su adolescenti e bambini

Il Covid ha incrementato ulteriormente le richieste di visite alle strutture di Neuropsichiatria infantile. Nell’Astigiano registrato + 50% da gennaio

«Zona rossa. Di colpo, mi sono sentito spento. Dov’è finita la mia vita? Dove sono io?». «Avevo la scuola al centro, ora non c’è nulla». «Mi sento sola e vuota… Sono in videochiamata e il vuoto rimane».
Sono solo alcune delle voci protagoniste del video, pubblicato su YouTube, progettato e realizzato dagli operatori delle strutture di Neuropsichiatria infantile del Piemonte. Voci di adolescenti e ragazzi che esprimono il proprio disagio dovuto allo stravolgimento della vita a causa della pandemia, che ha tolto loro, per diversi mesi, la scuola, le relazioni con gli amici, lo sport, i luoghi di ritrovo.
Un video accompagnato da una lettera aperta, firmata da 188 neuropsichiatri infantili di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta. Indirizzata ai rappresentanti politici, vuole «sottolineare la dolorosa situazione emergenziale, riguardante il campo della salute e del benessere neuropsichico e mentale, che stanno vivendo operatori e famiglie».
Per approfondire l’argomento abbiamo intervistato il dott. Davide Traetta, responsabile della Struttura complessa di Neuropsichiatria infantile dell’Asl astigiana.

Il dott. Davide Traetta

La situazione ad Asti

Dott. Traetta, ha firmato la lettera? Qual è la situazione ad Asti?
«Sì, l’ho firmata insieme ad altri colleghi astigiani. La lettera evidenzia la grave situazione emergenziale che stiamo affrontando come medici neuropsichiatri infantili ad Asti, in Piemonte e in Italia. Una situazione già presente prima della pandemia, ma ulteriormente e gravemente potenziata dal trauma sociale che ne è derivato. Stiamo assistendo, infatti, ad un inarrestabile aumento dei disturbi psichiatrici nell’infanzia e nell’adolescenza, correlati verosimilmente ai cambiamenti storici della società. Tra questi, lo sfaldamento dei legami familiari e sociali, la crisi dell’etica del limite e del sistema educativo.
Anche ad Asti stiamo vivendo in pieno questa emergenza e stiamo registrando un netto incremento delle richieste di aiuto e presa in carico nella nostra struttura».
In quale arco temporale si è verificato l’aumento? Quali i “numeri” registrati?
«L’aumento netto delle richieste di visite ad Asti si è verificato dallo scorso gennaio e sta continuando inesorabilmente fino ad oggi. Infatti, confrontando i dati di dicembre 2019 con quelli dello stesso mese del 2020, si nota come le richieste di visite alla nostra struttura nel territorio Asti centro e Asti nord siano sovrapponibili. Raffrontando invece i dati di gennaio-febbraio 2020 con quelli dello stesso periodo del 2021, riscontriamo un incremento del 50% delle richieste.
In particolare sono nettamente aumentate le domande di visite urgenti per problematiche psicopatologiche: ansia, depressione, attacchi di panico, ritiro sociale, autolesionismo, ideazione suicidaria, disturbi del sonno, disturbi del comportamento alimentare, irritabilità, aggressività».
L’incremento è dovuto principalmente alla pandemia e alle restrizioni collegate?
«Dai dati della nostra casistica, dagli studi sugli effetti dell’emergenza Covid-19 realizzati dai colleghi cinesi, da ricerche nazionali ed europee si rileva in generale che il clima di pandemia e le necessarie restrizioni collegate potrebbero aver creato una condizione di forte stress. E, soprattutto dalla seconda ondata, aver inciso sull’aumento del disagio psicopatologico in bambini e adolescenti».

Gli effetti della pandemia

Quali i principali motivi?
«Per quanto riguarda soprattutto l’età adolescenziale, il clima di forte stress pandemico, l’isolamento sociale, la chiusura delle scuole, la mancanza di attività fisica, l’uso prolungato di internet e smartphone hanno sostanzialmente limitato gli adolescenti della relazione con i pari.
Questa condizione potrebbe aver contribuito a ridurre il proprio senso di efficacia, le capacità di investimento nel reale e sociale, ostacolando il normale processo di evoluzione. Condizione che, sommata alle difficoltà delle famiglie (soprattutto a livello economico e lavorativo), potrebbe aver aumentato il rischio di disagio psichico, ansia, depressione e sensazione di solitudine».
Avete avuto casi di difficoltà a livello psicologico, dovute all’emergenza sanitaria, anche tra i bambini?
«Anche ad Asti stiamo riscontrando nei bambini un aumento dei disturbi del sonno, di ansia e somatizzazioni in questo periodo».
Avete riscontrato differenze tra il primo e il secondo lockdown?
«Dai dati della nostra casistica nel primo lockdown (da marzo a maggio 2020) abbiamo riscontrato una lieve diminuzione dei casi di psicopatologia rispetto all’anno precedente. Con la seconda ondata, e soprattutto dall’inizio dello scorso gennaio ad oggi, abbiamo rilevato come dicevo l’aumento netto dei casi di patologie psichiatriche, soprattutto in età adolescenziale. Questi differenti dati potrebbero essere interpretati così. Nel primo lockdown vi è stata una chiusura maggiore rispetto al secondo e molti genitori sono rimasti a casa con i loro figli, fattore protettivo per la salute psichica di bambini e ragazzi. Nel secondo lockdown la chiusura delle scuole per gli adolescenti ha coinciso con la ripresa dell’attività lavorativa di molti genitori. Tale situazione potrebbe aver contribuito ad un aumento della sensazione di solitudine e del disagio psichico dei ragazzi».

Sintomi e presa in carico

Quali i sintomi manifestati dagli adolescenti di cui vi siete occupati?
«Gli adolescenti stanno manifestando modalità diverse del disagio in questo periodo pandemico. Ad esempio, aumento dell’irritabilità, crisi di agitazione psicomotoria ed aggressività, disturbi del comportamento alimentare. Oppure manifestano sintomatologia depressiva e ritiro sociale. In questo caso non escono più di casa perché spaventati dalla possibilità di contagiarsi o per l’incremento del disagio relazionale con i coetanei. Ne conseguono l’alterazione del ritmo sonno-veglia, l’aumento dell’uso di internet, l’interruzione della frequenza scolastica anche in didattica a distanza. Infine, manifestano autolesionismo e tentativi anticonservativi».
Cosa prevede la “presa in carico” in questi casi?
«La presa in carico ambulatoriale prevede un approccio multiprofessionale con la collaborazione del medico neuropsichiatra infantile, dello psicologo dell’età evolutiva e, a volte, con l’integrazione della figura educativa domiciliare. Deve quindi considerare la complessità e la specificità di ogni singola situazione. Spesso si protrae nel tempo e, nei casi più gravi, si avvale del supporto farmacologico da parte del neuropsichiatra, oltre che del supporto psicologico e del sostegno genitoriale. La rete neuropsichiatrica infantile deve a sua volta intersecarsi con la rete di altri specialisti che si occupano dell’infanzia e dell’adolescenza (pediatri, SERD, consultorio familiare), con il mondo sociale e con il mondo della scuola. In alcuni casi particolarmente gravi risulta necessario il ricovero ospedaliero che avviene, nella maggior parte dei casi, in Pediatria».

La struttura

Alla luce di questa situazione, la struttura dovrebbe essere potenziata secondo lei?
«Negli ultimi dieci anni si è osservato il raddoppio degli utenti seguiti nei servizi nazionali di Neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza. In nessun’altra area della medicina si è assistito ad un aumento degli accessi ai servizi così rilevante, peraltro avvenuto spesso a parità di personale.
I disturbi mentali riguardano il 10% dei bambini e il 20 % degli adolescenti. I servizi presenti sul territorio in grado di occuparsi della salute mentale, però, sono ridotti, tanto che alcune regioni sono quasi sprovviste di centri di Neuropsichiatria infantile. Come evidenziato dalla lettera aperta prima citata, inviata ai rappresentanti politici regionali e nazionali, risulta indispensabile il potenziamento dei servizi di Neuropsichiatria infantile per garantire il diritto alla salute delle nuove generazioni».

Segnali d’allarme ed errori da evitare

Quali i segnali d’allarme che devono insospettire i genitori di adolescenti a rischio in questo senso?
«In Neuropsichiatria infantile è necessario considerare la complessità e la specificità di ogni singolo caso. Il processo evolutivo e di crescita di ogni singolo individuo è caratterizzato dalle interazioni fra la propria componente neurobiologica-genetica, le interazioni ambientali e la componente di casualità. Pertanto risulta complesso fare delle generalizzazioni riguardo i segnali di allarme di disagio psichico adolescenziale.
Per provare a rispondere alla sua domanda, comunque, posso dire che i genitori dovrebbero insospettirsi quando rilevano nell’adolescente un improvviso calo del rendimento scolastico e incostante frequenza scolastica, un incremento dei disturbi del sonno (nella qualità e nella durata), maggiore instabilità emotiva e cambiamenti del tono dell’umore, variazioni delle abitudini alimentari (con restrizione alimentare o abbuffate), segni di autolesività con taglietti, prevalentemente alle braccia».
Quali errori avrebbero dovuto evitare i genitori di figli adolescenti, durante il lockdown, per fare in modo che i ragazzi vivessero con maggiore serenità la situazione emergenziale?
«Ferma restando la specificità di ogni singolo caso, in generale l’adulto deve essere un punto di riferimento per l’adolescente, anche nella situazione emergenziale in corso, dove è venuta a mancare per i ragazzi la relazione con i pari e il conseguente valore protettivo per la salute psichica.
Nel periodo adolescenziale i ragazzi tendono molto a ridurre i rapporti relazionali con i genitori, per cui risulta importante rimanere sullo sfondo, restare disponibili alla comunicazione, ascoltare per cercare di capire e dare importanza alle difficoltà che i ragazzi stanno attraversando, in modo da poter suggerire strategie di adattamento. Bisognerebbe ridurre le tensioni piuttosto che sostenerle, cercare di privilegiare un atteggiamento propositivo, dando risalto a quello che si può fare piuttosto che a quello che non si può fare. Potrebbe essere utile svolgere attività insieme, momenti piacevoli per ridurre la solitudine, che invece potrebbe amplificare le angosce tipiche del periodo adolescenziale».

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