Un altro pericolo viene dalla proposta avanzata dall’Irlanda di indicare che l’alcol contenuto nel vino fa male: «In Irlanda il 75% della popolazione ha problemi di abuso di alcol – ha aggiunto Panza – e da qui viene l’idea contraria al vino, ma si tace sull’alcol della birra e sui superalcolici, consumati in larga quantità. In questo modo si legittima il sospetto di un’intenzionale volontà di danneggiare vino e prodotti italiani, che hanno acquisito importanti quote di vendita su tutti i mercati. Contro queste proposte si sono espressi in modo unanime i deputati di tutti i partiti italiani».
Al convegno sono intervenuti, oltre a numerosi sindaci, i rappresentanti dei Consorzi di tutela del Barbera e dell’Asti, di Coldiretti, dell’Unione Industriali, della C.I.A. ed importanti produttori vinicoli ed esponenti economici.
«È l’abuso che fa male, difendiamo una cultura»
Al convegno sulla proposta irlandese di apporre un’etichetta indicante che il vino fa male si sono registrate forti contrarietà. Filippo Mobrici (presidente Consorzio di tutela vini d’Asti e del Monferrato) ha sottolineato che «i vini italiani danno fastidio, perchè si sono inseriti in mercati sempre più importanti. Ci sono altri provvedimenti che riguarderanno il vino, fra cui la dealcolazione: si può ridurre la gradazione, ma non pensare ad un vino senza alcol. Tanto vale produrre succhi di frutta».
Le esportazioni di vino italiano hanno raggiunto nel 2022 gli 8 miliardi di valore e per Natale si sono stappate nel mondo 240 milioni di bottiglie di spumante. «Siamo un paese che ha la cultura del vino ed una delle popolazioni più longeve al mondo – ha ribadito il dietologo Giorgio Calabrese – e il vino non fa male. E’ sempre l’eccesso che può fare danno, questo vale per qualsiasi alimento». Per l’assessore all’agricoltura della Regione, Marco Protopapa «dietro alle decisioni di Bruxelles ci sono pressioni economiche che hanno un impatto enorme su altri paesi. Bisogna educare il consumatore a scegliere la qualità, senza cancellare produzioni che hanno antiche radici».