Il primo e il terzo martedì di ogni mese è aperto il Punto informalavoro ideato e gestito dalla Conferenza San Vincenzo della parrocchia San Domenico Savio. Aumenta il numero di utenti con una solida preparazione: «Sempre più arrivano persone qualificate: ex titolari di ditte o ex commercianti»
Ci sono straniere che si propongono come badanti, elettricisti che hanno perso il lavoro, imprenditori agricoli che hanno chiuso lazienda causa crisi o commercianti che hanno terminato lattività dato che non riuscivano più a sostenere le spese, visti gli scarsi guadagni. E ancora, studenti alla ricerca di un impiego stagionale e sessantenni disoccupati che hanno disperatamente bisogno di lavorare dato che si vedono ancora chiusa per pochi anni la porta della pensione.
E uno spaccato della società attuale, dove la crisi economica falcidia vittime in ogni settore e profilo professionale quello che si affaccia, il primo e il terzo martedì di ogni mese, al Punto informalavoro ideato e gestito dalla Conferenza San Vincenzo della parrocchia San Domenico Savio. Un modello che ha suscitato interesse in altre realtà parrocchiali e tra i membri del Comitato Papa Francesco – nato per tenere vivi i legami tra il Pontefice e Asti, sua città dorigine – che ha appunto in mente di creare un fondo di solidarietà sulla base di questo modello. Per sapere come funziona abbiamo parlato con Liliana Pentore, referente del gruppo di volontari che lo coordina.
Signora Pentore, quando è nata lidea?
«Lidea è nata nel novembre 2008, ed è andata ad arricchire lattività svolta dalla Conferenza San Vincenzo della parrocchia San Domenico Savio, attiva dagli anni Cinquanta».
Chi, oltre a lei, forma questo gruppo di volontariato?
«Insieme a me sono impegnati stabilmente Laura Sillano Ruiz, Mario Cappello, Lorenzo Bonvicino, che è anche presidente del Consiglio centrale della San Vincenzo, e una collaboratrice, Giuseppina Poggio».
Qual è il vostro obiettivo?
«Aiutare le persone in difficoltà economica, rifuggendo dal mero assistenzialismo e proponendo una formula che, oltre a fornire laiuto concreto volto a tamponare lemergenza, valorizza la persona e le sue potenzialità. In obbedienza alla filosofia della San Vincenzo».
Quando vi riunite?
«Ci incontriamo ogni quindici giorni per fare formazione interna e discutere dei casi che ci si presentano di volta in volta».
Da chi vi vengono segnalate le persone che necessitano di aiuto?
«In genere dal centro di ascolto della nostra stessa parrocchia, altro gruppo di volontariato che si occupa di persone in difficoltà economica. In altri casi siamo invece noi ad essere contattati dagli interessati, che sono venuti a sapere di noi tramite il passaparola».
Di quali persone parliamo?
«Le situazioni sono molto variegate. Seguiamo ad esempio stranieri disoccupati o Italiani che hanno perso limpiego – licenziati da ditte che hanno effettuato ristrutturazioni del personale o da aziende che hanno chiuso – al fianco di artigiani che hanno dovuto chiudere la partita Iva per gli scarsi guadagni. Alcuni di loro hanno dovuto persino vendere lauto perché non riuscivano a far fronte alle spese del bollo e dellassicurazione, con una difficoltà aggiuntiva a trovare un altro impiego, dato che non sono più automuniti. E ancora, conosciamo sempre più spesso persone qualificate, vale a dire commercianti che hanno dovuto chiudere il negozio o titolari di piccole ditte, in ogni settore, che non riuscivano più ad andare avanti, in maggioranza dai 40 ai 50 anni di età, quindi difficilmente ricollocabili sul mercato del lavoro. Senza contare tutti coloro che non chiedono aiuto per vergogna. E di cui poi veniamo a sapere per vie traverse, per esempio dal parroco che va a benedire la casa e si accorge che qualcosa non funziona».
Quante persone avete seguito dal 2008 ad oggi?
«Circa 300 persone».
Quale tipo di aiuto offrite?
«In sinergia con il centro di ascolto parrocchiale proponiamo il cosiddetto accordo di sostegno che serve per aiutare a pagare le spese vive (affitto, bollette) per un massimo di tre mesi e per una cifra variabile a seconda dei casi, ma che di solito non supera i 500 euro».
Con quali fondi?
«Attraverso gli autofinanziamenti della San Vincenzo e il fondo intitolato alla memoria di don Giacomo Accossato (storico parroco di San Domenico Savio, ndr) che si alimenta con offerte, iniziative benefiche e la questua raccolta in occasione dei funerali».
E poi?
«Invitiamo le persone a venire al nostro Punto informalavoro, presso i locali della parrocchia in corso Casale 62, aperto il primo e il terzo martedì di ogni mese dalle 15.30 alle 17.30. Qui facciamo loro compilare una scheda in cui indicano la disponibilità e le competenze, dopodiché cerchiamo di aiutarle a trovare unoccupazione tramite vari canali: quelli tradizionali, spulciando le offerte di lavoro su giornali e siti internet, e il passaparola, chiedendo agli abitanti del quartiere che frequentano la parrocchia se cè qualcuno che ha bisogno di un lavoro o di un servizio. Essendo alcuni anni che lavoriamo in questo ambito, poi, ora riceviamo direttamente le segnalazioni da parte di cittadini che cercano, ad esempio, una badante, una baby sitter, un elettricista o un giardiniere.
Una volta intrecciate domanda e offerta di lavoro, mettiamo in contatto gli interessati: chi offre lavoro può decidere se assumere la persona o se usufruire del servizio acquistando negli uffici postali i cosiddetti Voucher lavoro, che servono proprio per pagare prestazioni di lavoro occasionali in ogni settore, in regola con i contributi e lassicurazione Inail, secondo norme precise».
«La stessa parrocchia e lassociazione Cre.A.ndo Insieme, ad esempio, utilizzano questo metodo per effettuare tutti i lavori che si rendono necessari: manutenzione, pulizie straordinarie, imbiancatura, giardinaggio, sia relativamente ai locali parrocchiali sia alle altre strutture di proprietà, quali Casadietro e Casa Tabor di Valgera».
Allutilizzo dei voucher si affiancano altre iniziative?
«Siamo riusciti ad attivare alcune borse lavoro, tramite la Caritas o il Comune, e abbiamo organizzato un mercatino creativo domenica per dare la possibilità di vendere oggetti realizzati personalmente, valorizzando così il lavoro artigianale».
Elisa Ferrando