La bufera sul tartufo nero si-tartufo nero no li ha appena sfiorati. Loro, com’è tradizione, se stanno in disparte, silenziosi, quasi distaccati lasciando ad altri il parapiglia mediatico. Chi parla, invece, riportando il sentiment di una categoria è Piercarlo Ferrero, presidente dell’Associazione Trifulau di Canelli, sodalizio attivo da poco meno d’ottant’anni, tra i più longevi e vivaci del Piemonte.
E’ anche il patron del San Marco: dunque, vede e valuta da due angolazioni. Siamo nel sud Astigiano, patria incontrastata del bianco profumato: quand’è stagione, i tartufi che si cavano nelle fonde, sul declinare della causagne e nei boschetti ben ombreggiati sono una delizia.
Quando, invece, l’inverno avanza e la terra si rassoda, i tabui in uscita per sgranchirsi le zampe annusano il tartufo nero. Che da queste parti, tra gennai e aprile, prende il nome di “Moscato”. Conosciuto come “Tuber brumale var. moschatum De Ferry” ha un profumo intenso, piccante di muschio e sottobosco. Si può consumare crudo, grattato sui primi, ma anche cotto ottimo con brasati e stufati.
“E’ un prodotto che, seppur non paragonabile al bianco, si caratterizza con forza in cucina – conferma Piercarlo Ferrero -. Il tartufo nero Moscato è particolarmente gradito dagli stranieri. E’ vero che il suo valore commerciale è relativo, ma la valenza nella gastronomia è importante”.