Con la decisione dell’Ungheria di ostacolare le esportazioni nazionali di cereali, soia e girasole, in Italia è a rischio un allevamento su quattro che dipende per l’alimentazione degli animali dal mais importato da Ungheria e Ucraina che hanno di fatto bloccato le spedizioni e rappresentano i primi due fornitori dell’Italia del prezioso e indispensabile cereale. E’ l’allarme lanciato da Coldiretti che denuncia il comportamento irresponsabile di un Paese che fa parte dell’Unione Europea come l’Ungheria che ha bloccato anche l’export di grano e altri cereali come segale, orzo, avena e quello di semi di soia e di girasole fino al 22 maggio.
“E’ stata notificata a Bruxelles una decisione che compromette il mercato unico e mina le fondamenta stesse dell’Unione Europea – spiegano Marco Reggio presidente Coldiretti Asti e Diego Furia direttore Coldiretti Asti. Serve, quindi, un opportuno intervento della Commissione europea per fermare un comportamento assurdo ed assicurare il regolare funzionamento del mercato unico”.
Già ad oggi la Russia controlla circa il 29% delle esportazioni mondiali di grano tenero per la panificazione, il 19% del commercio del mais destinato all’alimentazione degli animali negli allevamenti. Una emergenza mondiale che riguarda direttamente l’Italia che è un Paese deficitario ed importa addirittura il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame, secondo l’analisi della Coldiretti.
“L’aumento di mais e soia sta mettendo in ginocchio gli allevatori che devono affrontare aumenti vertiginosi dei costi per l’alimentazione del bestiame (+40%) e dell’energia (+70%) a fronte di compensi fermi su valori insostenibili – continuano Reggio e Furia -. L’Italia è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti dalle industrie agli agricoltori che sono stati costretti a ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni durante i quali è scomparso anche un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati perché molte industrie per miopia hanno preferito continuare ad acquistare per anni in modo speculativo sul mercato mondiale, anziché garantirsi gli approvvigionamenti con prodotto nazionale attraverso i contratti di filiera sostenuti dalla Coldiretti”.
“Un errore imperdonabile che è possibile recuperare poiché ci sono le condizioni produttive, le tecnologie e le risorse umane per raggiungere in Italia l’autosufficienza alimentare. Per questo oggi in Italia bisogna agire subito facendo di tutto per non far chiudere le nostre aziende agricole e gli allevamenti con lo sblocco di 1,2 miliardi per i contratti di filiera già stanziati nel Pnrr, ma anche incentivando le operazioni di ristrutturazione e rinegoziazione del debito delle imprese agricole a 25 anni attraverso l’ Ismea e fermando le speculazioni sui prezzi pagati degli agricoltori con un’efficace applicazione del decreto sulle pratiche sleali” – concludono Reggio e Furia.