Non si è sottratto all’esame davanti ai giudici che dovranno emettere la sentenza. E ha risposto, punto per punto, alle numerose accuse che gli vengono rivolte.
E’ Vincenzo Carafa, noto segretario comunale appassionato di rugby che, difeso dall’avvocato Pierpaolo Berardi, si è seduto sulla sedia dei testimoni per dare le sue spiegazioni su tutto quanto finora detto e scritto su di lui.
In questo processo, la cui pubblica accusa è sostenuta dal pm Donatella Masia, deve rispondere di due filoni principali dell’inchiesta della Guardia di Finanza che lo ha investito: assunzioni irregolari nei cantieri di lavoro di alcuni Comuni di cui era segretario comunale e quelle sponsorizzazioni “sospette” alla società di rugby da parte di imprese e aziende che avevano vinto appalti sempre nei Comuni o nell’Unione Collinare di cui era segretario.
Sulle assunzioni Carafa ha spiegato dell’ingresso nello staff del sindaco di un giovane del paese di Coazzolo come unico modo per avere ancora un presidio in Municipio dopo il trasferimento di tutte le funzioni all’Unione collinare. E lo stesso per un cantoniere a Montegrosso, durante gli anni in cui le assunzioni erano ancora bloccate.
Sui cantieri di lavoro ha spiegato che sono stati fondamentali per risparmiare circa 300 mila euro all’anno nei quattro Comuni dell’Unione Collinare che, assumendo i cantieristi, ha evitato il ricorso a contoterzisti per lavori di manutenzione dando inoltre impiego a disoccupati del posto. «Vero che qualcuno è stato richiamato senza che fosse passato l’anno di pausa chiesto dalla legge, ma è successo perchè, alle chiamate, non si presentavano persone nuove a sufficienza e c’era bisogno di fare i lavori – ha detto Carafa – e alla Regione non abbiamo mai nascosto nulla, rendicontando nomi, ore, date di assunzione e tutto il resto. Ammetto che è stata un’idea mia per non fermare i lavori».
Respinge l’accusa di sfruttamento del lavoro dei cantieristi, dicendo che è sempre stata pagata loro ogni ora lavorata, magari con escamotage come indennità forfettarie o rimborso spese viaggio.
Respinge anche le accuse che riguardano le sponsorizzazioni spiegando, azienda per azienda, come originarono i contributi alla società sportiva: una aveva fatto la sponsorizzazione perchè il figlio giocava nella squadra; un’altra perchè abitualmente sponsorizzava eventi e manifestazioni e lui aveva chiesto se voleva farlo anche con il rugby ed accettò; un’altra ancora decise il contributo per via di amicizie della titolare con la madre di un ragazzino che giocava; un impresario conosceva il mondo del rugby essendo lui stesso in giocatore.
«Io non ho mai obbligato nessuno – ha detto – Chiedevo a qualcuno se voleva contribuire come facevamo tutti noi amministratori della società nei nostri rispettivi ambiti di lavoro. Ricevo dei sì e dei no ma mai collegati ad appalti vinti. Anzi, in qualche caso ci hanno sponsorizzato ditte che l’appalto l’avevano già perso».