Il reato è quello di “concorso in omicidio colposo da omessa vigilanza di minorenne” e a riceverlo sono stati i genitori di Airudin Seferovic, il ragazzino rom di 13 anni morto al Pronto Soccorso la notte di Capodanno.
Airudin era stato portato in ospedale direttamente dal padre, disperato, che avrebbe urlato “Me l’hanno sparato” consegnando il figlio esanime ai medici di turno. Dopo i primi dubbi sul fatto che la causa fosse da ricondurre ad un grosso petardo esploso a distanza ravvicinata, l’autopsia condotta dal medico legale dottoressa Veglia rivelò che ad uccidere il ragazzino furono le gravissime lesioni provocate da un colpo di fucile cal.12 sparato a breve distanza.
I carabinieri, cui era stata affidata l’indagine, avevano setacciato il campo rom ma il fucile non è mai stato trovato nè sono state raccolte testimonianze a carico di chi potrebbe aver sparato il colpo.
Le indagini coordinate dal pm Greco con la supervisione del Procuratore dottor Perduca, hanno portato ad una conclusione che è contenuta nell’atto notificato a padre e madre di Airudin in questi giorni: il fucile era in mano a qualcun altro vicino al ragazzino, erano già stati sparati dei colpi in segno di saluto del nuovo anno e quel colpo sarebbe partito accidentalmente. La povera vittima era stata ferita gravemente all’addome quando si trovava intorno ad un braciere acceso per riscaldare un po’ la zona della festa all’aperto.
Sconosciuto colui che sparò ma i genitori hanno la responsabilità di non aver vigilato sul loro figlio, l’ultimo di sedici. Sapevano che si trovava fuori dalla roulotte, non in loro presenza, in mezzo a persone armate e ubriache: una situazione di alto pericolo dalla quale dovevano proteggerlo riportandolo in una zona più sicura.
Per la Procura, con questo comportamento i genitori sono venuti meno al loro dovere di attenzione, vigilanza e protezione del minore esponendolo al rischio che si è tristemente verificato e lo ha portato alla morte.