A distanza di poco meno di tre anni dalla tragica morte di Giorgio Tibaldi arrivano le motivazioni della sentenza che ha condannato sia il suo datore di lavoro che il titolare del negozio in cui si è prodotta la fiammata che lo ha investito ed ucciso.
Un anno e 8 mesi è la condanna a carico di Gian Domenico Tesio, di Santena, titolare della Delta Refrigerazioni; 8 mesi invece quelli inflitti a Walter Baggi, residente ad Asti e titolare del negozio Il Gelo.
Il drammatico infortunio era avvenuto il 10 agosto del 2021 quando Tibaldi era stato inviato dal suo datore di lavoro sull’intervento nel negozio astigiano per via di un malfunzionamento dell’impianto di refrigerazione, fondamentale per il tipo di alimenti venduti.
Il tecnico era arrivato ad Asti e, dal cortile del retro del negozio, era sceso attraverso una botola e poi una scala a pioli. Un sopralluogo iniziale dopo il quale aveva concluso che c’era un tubo rotto nell’impianto, rilevando una fuga di gas attraverso un apposito spray cercafalle. Trovato il punto esatto della perdita, tagliò il tratto di tubo rotto e, tornato in cortile, lo sostituì con il materiale che aveva in furgone. Poi tornò sotto con il cannello per saldarlo al resto dell’impianto ma non riuscì a terminare il lavoro perché venne investito da una fiammata che gli provocò ustioni gravi sul 70% del corpo. Risalì da solo, chiese aiuto a chi si trovava in cortile, chiuse i rubinetti delle due bombole che alimentavano il cannello per la saldatura e in pochi minuti le sue condizioni precipitarono. A nulla valsero i soccorsi perché decedette all’ospedale di Asti.
Al suo datore di lavoro viene contestato di aver consentito che il suo tecnico scendesse nel locale macchine che era molto piccolo, collocato sotto il piano del cortile in uno spazio stretto e pericoloso anche perché non aveva alcun sistema di aerazione. Accusato anche di non aver fornito al lavoratore la formazione necessaria per interventi di quel genere e di non aver fornito idonei dispositivi di protezione, in particolare autorespiratori e maschere per saldare.
Al titolare del negozio, invece, viene contestato di non aver fornito alla ditta di Tesio le informazioni dettagliate sui rischi riferiti all’ambiente in cui gli addetti sarebbero andati ad operare, con particolare riferimento a quello spazio così angusto e chiuso.
Le difese, sostenute dagli avvocati Federico Rosso e Mario Morra, hanno insistito sulle conclusioni dei loro consulenti che offrono una causa della combustione alternativa: non il gas uscito dalla perdita dell’impianto refrigerante e l’olio di cui era permeata la sala macchine, ma il gas uscito dal cannello della saldatura a causa di una disattenzione della vittima.
Per il Gup Beconi invece i due imputati hanno responsabilità nell’infortunio che è costato la vita a Tibaldi e, oltre alla condanna, ha disposto provvisionali a favore dei parenti dell’uomo per un totale di circa 1 milione e mezzo di euro a titolo di risarcimento danni.