Tutto è cominciato da uno dei tanti maxi bazar gestiti da cinesi ad Asti, quando le Fiamme Gialle hanno deciso di fare un controllo fiscale sulla documentazione di provenienza e la contabilità del negozio
Merce il cui prezzo in media non supera i 10 euro ma che è in grado, in gran quantità, di fruttare ricavi per milioni di euro: 21, per la precisione, quelli che gli uomini della Guardia di Finanza di Asti e dell’Agenzia delle Dogane hanno contestato ad un gruppo di importatori e intermediari cinesi al termine di una complessa verifica partita da Asti e coordinata dal sostituto procuratore Luciano Tarditi.
Tutto è cominciato da uno dei tanti maxi bazar gestiti da cinesi ad Asti, quando le Fiamme Gialle hanno deciso di fare un controllo fiscale sulla documentazione di provenienza e la contabilità del negozio. E’ soprattutto la provenienza della merce a far scattare l’indagine che ha portato, nell’arco di molti mesi nei quali sono state eseguite anche numerose intercettazioni (rese complicatissime per via della lingua nella quale parlavano i sospetti) a scoprire il vasto giro di importazione della merce, soprattutto attraverso spedizionieri che operano al porto di Genova.
Pazientemente le Fiamme Gialle hanno ricostruito il meccanismo ormai oliato molto bene che consentiva di evadere sia l’Iva all’importazione, sia quella in ogni fase successiva della commercializzazione in Italia.
Il conto finale è stato di 21 milioni di euro di redditi non dichiarati cui si aggiungono altri 6 per l’evasione dell’Iva e 8 persone denunciate.
d.p.