La pubblicazione sui giornali locali alla fine di maggio del 2014 dell'identikit realizzato grazie ad un testimone del presunto killer che ha sparato a Gino di Foggia, è avvenuta quando già
La pubblicazione sui giornali locali alla fine di maggio del 2014 dell'identikit realizzato grazie ad un testimone del presunto killer che ha sparato a Gino di Foggia, è avvenuta quando già erano sotto controllo le utenze telefoniche della famiglia di Ferdinando Catarisano e hanno scatenato un vespaio di commenti e di preoccupazione. In quell'identikit, infatti, Ferdinando e il padre hanno immediatamente riconosciuto Ivan Commisso, rispettivamente cugino e nipote dei due.
La preoccupazione su Commisso era già sorta due mesi prima, quando era stata chiamata in caserma la compagna di Ferdinando. Al ritorno, le intercettazioni hanno restituito un "contro-interrogatorio" alla donna in cui Catarisano padre e figlio le hanno chiesto per filo e per segno cosa le era stato chiesto e cosa avesse risposto. In un passaggio, a commento delle risposte, Catarisano padre commenta «Sanno che è Ivan…». Due mesi dopo, all'indomani della pubblicazione dell'identikit si rinnova la preoccupazione per Commisso e Catarisano si premura di contattare un altro nipote affinchè informi Ivan del pericolo che sta correndo. Nella telefonata, per paura di essere intercettati, usano un linguaggio in codice: «Qua c'è malu tiempo, mi devi capire, sto c… di tempo non si aggiusta…stai tranquillo, stattene tranquillo lì, quando poi si aggiusterà il tempo faccio una scappata io».
Alla pubblicazione dell'identikit è collegato anche un fatto di cronaca: due o tre giorni dopo l'uscita sui giornali, è stato appiccato il fuoco all'autovettura dell'intestatario del fucile da caccia usato per uccidere Di Gianni e poi abbandonato poco lontano dall'omicidio. L'uomo, di Castello d'Annone, sentito dagli inquirenti, aveva dichiarato che quel fucile gli era stato sottratto in data imprecisata senza che lui se ne accorgesse e potesse dunque sporgere denuncia di furto.
d.p.