«Hanno osservato dove passavano le mucche per raggiungere il fieno e da lì sono entrati, di notte, andando ad attaccare il più debole di tutta la stalla: un vitellino di appena un giorno di vita. Lo hanno sbranato e ce lo hanno lasciato lì, vicino alle “porte di cattura”. Noi lo abbiamo trovato al mattino, sull’erba bagnata a causa della pioggia caduta nella notte».
A parlare è l’allevatore Squarzino, titolare di un’azienda agricola con una stalla che ospita 200 capi di bovini. Racconta, con amarezza, dell’attacco dei lupi al suo allevamento di frazione Moncucco a Castell’Alfero. Nessun dubbio sul fatto che si sia trattato di lupi, perché l’allevatore ha fatto la denuncia ai veterinari che hanno fatto i tamponi e i prelievi e riconosciuto il predatore.
La sua è una delle tante testimonianze di chi ha subito danni o ha visto con i propri occhi ciò che i lupi sono in grado di fare, per confermarne la presenza ormai assodata in ogni parte della provincia astigiana.
Una presenza che, in primis, è confermata dal Servizio Veterinario dell’Asl che ci ha fornito i dati sugli episodi di predazione da gennaio ad oggi.
Si tratta di 8 episodi che si sono verificati a partire dal 2 febbraio a Tigliole, e poi ad aprile a Villafranca, Castelnuovo Calcea e tre a Maretto a distanza di poche settimane l’uno dall’altro. A maggio attacchi segnalati a Cortandone e Roccaverano.
Avvengono sempre di notte e prediligono gli allevamenti che offrono al lupo la maggiore “comodità” di caccia di animali chiusi in recinto senza pastore né cani a guardiania.
In questi otto attacchi sono morti aggrediti 18 capi, dei quali 15 pecore e 3 capre.
Ai quali va aggiunto il vitellino di Squarzino a Castell’Alfero e un caso di avvistamento di un capriolo sbranato con i morsi tipici del lupo a Ferrere, in aperta campagna.
Sempre in tema di avvistamenti va ricompreso anche il ritrovamento di un lupo sul ciglio della tangenziale di Asti, (foto di copertina) probabilmente investito da un automobilista agli inizi di febbraio.
A voler fare una mappatura guardando i luoghi in cui si sono verificate le aggressioni denunciate all’Asl, balza all’occhio che si possono individuare con certezza le aree di caccia di almeno tre branchi distinti: quello a nord della provincia, probabilmente il primo che si è insediato, a cavallo fra Berzano San Pietro (dove un lupo è stato anche fotografato per le vie del paese, di notte), Aramengo, Casalborgone; altro branco batte le zone fra Tonco, Murisengo e Castell’Alfero mentre il terzo ha come zona di caccia quella fra Villafranca, Maretto e Ferrere.
Quelli che vivono nei dintorni di Villafranca e Castell’Alfero, avvistati da alcuni agricoltori, sono prevalentemente esemplari giovani, nati nel 2019 e allontanati dal loro branco di origine.
Sono cosiddetti “animali in espansione”, ovvero in cerca di nuovi territori da conquistare. Difficile dire quanto debba essere grande l’area per ogni branco, dipende dalla concentrazione di prede ma vivono ferree regole di “nonnismo”: i lupi più anziani si tengono le aree migliori mentre le nuove leve devono trovarsi nuovi territori.
L’arrivo dei lupi fino a quote collinari e pianeggianti coincide con la proliferazione di cinghiali e caprioli, di cui sono antagonisti naturali, ma visti gli ingenti danni provocati quest’anno dagli ungulati selvatici, è evidente che non è sufficiente la presenza del lupo a riportare equilibrio tra la fauna selvatica.
Una risposta
cari animalisti cosa ne pensate e giusto quello che fanno i lupi visto che li proteggete se secondo voi e giusto perche non pagate voi tutti i danni causati noi lavoriamo spendiamo soldi fatica per dare da mangiare a loro