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«Ho visto Mihail mortoappeso al ponteggio del cantiere»
Cronaca

«Ho visto Mihail morto
appeso al ponteggio del cantiere»

«Sapevo che Mihail non aveva neppure i soldi per mangiare, così ho comprato un panino e, in pausa pranzo ho lasciato il mio cantiere per andare in quello in cui lavorava lui lì vicino. Sono

«Sapevo che Mihail non aveva neppure i soldi per mangiare, così ho comprato un panino e, in pausa pranzo ho lasciato il mio cantiere per andare in quello in cui lavorava lui lì vicino. Sono arrivato e mi sono trovato davanti una scena agghiacciante: Mihail era morto, appeso a testa in giù sul punteggio, ancorato solo da una gamba incastrata nei tubi e sotto di lui c’era ancora il martello pneumatico acceso. Aveva la testa bluastra». E’ uno dei passi più drammatici della deposizione di Isidor Andro, detto “Doru”, il muratore di origine romena residente a San Maurizio Canavese le cui dichiarazioni hanno portato all’imputazione di due impresari torinesi, Vittorio Opessi e Antonino Marino accusati di aver rimosso il corpo di Mihail Istoc da un cantiere a Venaria ed averlo abbandonato in una discarica abusiva in frazione Vignole di Montafia nel giugno del 2009.

«Ho subito chiamato uno degli impresari, quelli da cui prendevo gli ordini – ha proseguito il suo racconto “Doru” – loro mi hanno detto di stare lì e non chiamare nessuno, nè carabinieri, nè ambulanze. Sono arrivati poco dopo, sono entrati nel cantiere e poi ne sono usciti. Mi hanno portato in un bar e mi hanno offerto da bere, tanto, quasi da ubriacarmi e poi mi hanno detto di tornare a casa e di non dire niente a nessuno, di ricordarmi che avevo una famiglia. E’ per questo che, quando Johan Istoc mi ha chiesto notizie di Mihail dopo la scomparsa del fratello, io ho risposto quello che mi hanno suggerito Opessi e Marino e cioè che non ne sapevo nulla perchè Mihail non si era presentato al lavoro». Andro ha poi ancora riferito di non sapere nulla di cosa sia accaduto dopo e non ha visto “movimentare” il cadavere senza vita dello sfortunato muratore clandestino morto per la caduta dal ponteggio senza protezione. Poco prima aveva deposto proprio Johan, il fratello della vittima, colui che aveva fatto partire le ricerche dopo il silenzio di Mihail per diversi giorni e aveva riferito della risposta che gli era stata data da “Doru”, suo amico, al quale aveva affidato Mihail per un lavoro saltuario.

La difesa dei due imputati ha insistito sul fatto che, oltre a “Doru”, nessun altro ha visto il corpo senza vita di Mihail nè ha visto i due impresari torinesi caricare il corpo del muratore per trasportarlo e abbandonarlo nelle campagne astigiane. Già in indagini preliminari, i difensori avevano sempre sostenuto che Istoc fosse probabilmente morto in un infortunio in cantiere, ma non in uno di quelli dei due imputati che non sapevano neppure chi fosse. Dopo alcune udienze iniziali, è così entrato nel vivo, ieri, il processo a carico dei due torinesi presenti in aula, difesi dagli avvocati Rocchetti e Merlino. Fra i testi che hanno sfilato anche i medici forensi, dalla dottoressa Rita Celli che ha ricostruito i passaggi che hanno portato ad ipotizzare la morte per un grave colpo ricevuto alla testa dovuto ad una caduta dall’alto, a quella del dottor Carlo Robino che ha eseguito i riscontri del Dna per confermare l’identificazione del corpo ritrovato, arrivata solo tre anni dopo, passando per quella della specialista che ha ricostruito l’identikit sulla base del cranio ormai scheletrizzato dell’uomo senza nome.

Il corpo era stato ritrovato da Mauro Cortese, cinghialista di Celle Enomondo quando, con il collega  Fabio Romeo, stava facendo un sopralluogo per una battuta di caccia. Fra i primi ad arrivare il maresciallo Biagio La Spada, comandante della stazione di Montafia che ha ammesso come in caserma sia ancora sotto sequestro il divano usato per “coprire” il cadavere nella discarica abusiva di Vignole. Ieri, lunedì, ha testimoniato anche il proprietario del cantiere di Venaria in cui Andro ha dichiarato di aver trovato Istoc morto il quale ha dichiarato di non essersi mai accorto di alcunchè nè di aver trovato tracce di sangue nella casa in via di ristrutturazione. Il processo è stato rinviato al 28 settembre.

Daniela Peira

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